Chissà se Etihad immaginava di trovarsi davanti a un campo di battaglia quando ha iniziato a puntare gli occhi su Alitalia. Difficile descrivere in altro modo il contesto intorno alla compagnia aerea italiana che si è venuto a creare nelle ultime settimane. Partiamo dagli scontri tra i soci, che ieri si sono riuniti in assemblea per deliberare un aumento di capitale da 250 milioni di euro. L’impasse in cui si trovano disvela tutti i limiti della celebre cordata tricolore sorta nel 2008: non c’è una guida vera, i soldi si mettono mal volentieri, non si vede l’ora di trovare una via d’uscita e si grida allo scandalo quando un socio (Poste italiane) arrivato dopo vuole cercare di “rimetterci” di meno. Discorso a parte merita Air France, alle prese con una situazione finanziaria tale da precludere ogni mossa al di qua delle Alpi: di fatto i francesi si sono accontentati di poter nel 2009 spostare un po’ di traffico su Parigi e di veder garantita la “morte” di Malpensa.



Altri scontri, con toni più accesi, sono in corso tra i sindacati. È ormai netta la divisione dei dipendenti tra personale di terra e di volo, che hanno interessi diversi. Forse questo dipende anche dall’atteggiamento dell’azienda, che ha garantito ritorni economici, dopo i sacrifici iniziali richiesti, maggiori alla prima categoria. O forse sono stati più abili o capaci di farsi ascoltare i sindacati confederali rispetto alle associazioni professionali. Certo è che nelle ultime settimane ai sindacati è stato chiesto di sottoscrivere tre distinti accordi (uno sugli esuberi, uno sul contratto nazionale, uno sul taglio del costo del lavoro) e nessuno ha ottenuto la firma di tutte le organizzazioni dei lavoratori. Alitalia ora dice che quello che garantisce risparmi in busta paga deve essere firmato da tutti, pena lo stop all’ingresso di Etihad. Eppure da Abu Dhabi tutto tace. Eppure anche il ben più importante accordo sugli esuberi non è stato approvato all’unanimità. Eppure il referendum tra i lavoratori circa la richiesta di approvare il contributo straordinario di solidarietà ai dipendenti non ha nemmeno raggiunto il quorum ma viene lo stesso ritenuto valido.



Insomma, è anche battaglia tra azienda e sindacati. Che sembra funzionale, ancora una volta, a nascondere i problemi esistenti tra i soci stessi. E così il ministero dei Trasporti, che dovrebbe fungere da pivot dell’operazione, fatica a tenere calmi gli animi.

Come ha ricordato Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, questa operazione molto importante per i risvolti occupazionali e strategici (collegamenti aerei e turismo) del Paese non sta vedendo impegnato in prima linea il “rottamatore” Renzi. Forse semplicemente perché alla fine sarebbe “mister 41%” a uscirne con le ossa rotte. Alla faccia di svolte e riforme.