Ci sono precari equilibri nel ciclo economico produttivo che la crisi ha fatto saltare e che si fa prepotente rimettere in sesto cambiandone i connotati. Sì, perché quando la crisi mostra il meccanismo dello scambio impallato, in quel ganglio vitale del mercato, stanno assieme un’offerta in eccesso e un difetto di domanda. Sovraccapacità produttiva e sottocapacità di consumo svalutano il valore delle risorse economiche, impiegate dagli agenti economici coinvolti nel ciclo.
Già, le risorse economiche: quelle che gestisce l’impresa per organizzare i fattori della produzione, quelle che impiega chi lì vi lavora; quelle insomma che, con il sovraprodotto, non trovano più adeguato ristoro economico. Inadeguato ristoro, appunto, che sottrae al ciclo pure l’impiego di quelle risorse che danno focillo al potere d’acquisto: il tempo, l’attenzione, l’ottimismo, atti prodromi a tenere attivo lo scambio; vieppiù scarsi, anzi scarsissimi. Valore appunto!
Hic et nunc si verifica lo sconquasso che balza alla vista sbirciando tra i dati Istat: tra il 2007 e il 2013 la produzione industriale scende del 25%; il reddito disponibile reale delle famiglie italiane diminuisce del 13 % in termini pro capite, tornando ai livelli del 1988, mentre la spesa per consumi scende del 10%. C’è pure la montagna di debiti dei paesi della zona euro cheha raggiunto all’inizio dell’anno un nuovo livello record. Eurostat lo fissa al 93,9% del Pil.
Sconquasso, appunto, negli equilibri fra chi lavora nell’impresa operando a fini di lucro e manca di poter lucrare e chi, con l’azione di spesa, quel lucro lo genera. Differenza, questa, ratificata dagli esattori che, con il prelievo diretto, tassano il lucro dei primi; con quello indiretto il lavoro che genera il lucro dei secondi. Massì, quel lucro: il guadagno o reddito che dir si voglia, che regola lo scambio tra gli agenti economici, si fa garante per ripristinare gli equilibri produttivi ripristinando la redditività delle risorse impiegate; quelle di tutti!
Già, il reddito, quello che la crescita genera e il Pil misura. Pur mal allocato, ancora una montagna di soldi che se, riallocato per remunerare chi giust’appunto con la spesa remunera, smaltisce sovra/sotto capacita per tornare a rendere massimo il profitto nell’impiego dei fattori produttivi. Pure quelli del lavoro.
Toh, quel che serve per andare oltre la crisi.