Caro Ministro Lupi,
Mi vedo costretto purtroppo a riscriverLe una lettera aperta perché certe recenti Sue dichiarazioni sulla faccenda Cai mi hanno fatto capire un paio di cose. Anzitutto che Lei deve aver visto con i suoi occhi il celeberrimo piano di “rinascita” ma continua a nascondercene i particolari. In seconda battuta, una sua dichiarazione resa al TG2 mi è parsa bella nei suoi intenti, ma decisamente irreale nella cultura politica che Lei possiede o dovrebbe possedere. Partiamo da quest’ultima: bello, lo ripeto, prendersi a cuore le professionalità di un settore ad altissima tecnologia e augurarsi la sua collocazione in altre realtà, ma le stesse, stessissime promesse erano state fatte nel 2008, quando di colpo si tagliarono 10.000 persone (calcolo anche le circa 3.000 a contratto a tempo determinato a cui non venne rinnovato), di cui gran parte erano gli eredi di un know-how che costituiva il bene più prezioso dell’ex compagnia di bandiera.
Già nel 2005 si iniziò, sotto la direzione di Cimoli (se lo ricorda?), la distruzione dell’area di manutenzione attraverso prepensionamenti vari che portarono questo settore (invidiatoci persino dai tedeschi) a un tramonto irrimediabile. Ma nel 2008 l’operazione si completò, sempre con l’augurio di un futuro sviluppo di Cai, fatto che avrebbe reinserito personale qualificatissimo in area lavorativa.
Questo dicevano i famosi accordi del settembre di quell’anno: subito smentiti da un ulteriore accordicchio con le organizzazioni sindacali confederali che in pratica consentì a Cai di attingere non dal bacino Cigs, ma assumendo personale ex novo. In due mosse si fece fuori un capitale umano e si buttarono dalla finestra non solo persone, ma anche una valanga di soldi spesi per la loro preparazione: si pensi che la formazione di un pilota costa alla compagnia più di mezzo milione di euro nell’arco della sua vita lavorativa; stesso ragionamento si può fare per altre qualifiche, che aggiungono un valore ancora più inestimabile, l’esperienza.
Processi di ricollocazione vennero tentati, specie dalla Regione Lazio, ma purtroppo la ri-formazione si limitò a uno screening che durò lo spazio di un mattino, data la mancanza di fondi. Lei sa come poi finì la stessa Regione Lazio, capitanata da una ex sindacalista che proprio grazie alle firme poste su accordi alquanto “originali” della faccenda Alitalia si guadagnò la carica di Presidente.
Vede Ministro, la sensazione che si ha di tutto questo bailamme mediatico è quella di essere alla vigilia di una replica dell’annus horribilis. Sì, perché molte cose non tornano: l’unica cifra che si dà in pasto alla stampa è quella dei 2.200 e passa esuberi, di cui circa 800 tra i naviganti. Il resto è non buio pesto, ma numeri che non collimano. A partire dal “contributo” dell’emiratina Etihad che da 600 milioni, stando a certe Sue dichiarazioni, è prima raddoppiato a oltre 1,2 miliardi per poi ridiscendere a 500 milioni e passa. La sensazione è che Lei abbia fatto un po’ di confusione e, come riscontrato anche su Il Sole 24 Ore, moltiplicato erroneamente lo stanziamento iniziale. Perché dovrebbe spiegare come 600 milioni possano risanare una società che versa in un debito gigantesco con le banche e che quest’anno ha battuto il record di deficit di 70 anni di storia “Alitalia”.
Crede che i “patrioti” o le banche rimetteranno le mani al portafoglio dopo aver fatto tutto il possibile per non puntare a un vero sviluppo nell’arco di 5 anni? Crede veramente che l’immissione di soli 6-8 velivoli di lungo raggio possa far diventare la compagnia “la più grande del mondo” come Lei afferma? Con oltre 20 aerei a terra anche se di medio raggio? E poi, da dove saltano fuori esuberi se, per esempio, per quanto riguarda il personale navigante i voli partono spesso sotto organico per mancanza di personale? Gli emiratini dovrebbero farsi carico di tutto questo “sogno” da Lei augurato con solo il 49% del capitale? Non mi risulta siano un istituto di beneficenza, ma se fosse vero ciò allora dovrebbero avere il mano il timone, pardon la cloche, dell’aereo… quindi che ne facciamo delle leggi Ue? Perché se Alitalia deve ingrandirsi e diventare un vettore globale può farlo solo attraverso una fusione con Etihad e quindi al di fuori delle norme europee.
Lei giustamente si augura la ricollocazione degli esuberi eventuali: ma dei quasi 2.000 del 2008 che adesso a breve si ritroveranno senza lavoro né soldi e oltretutto a un’età pure impossibile per inserirsi nel mercato del lavoro, che ne facciamo? Eppure tutto il disegno venne partorito da un Governo sostenuto da un maggioranza della quale pure Lei faceva parte, ricorda?
Infine, caro Ministro, come mai di questo “mirabolante accordo” non si riesce a sapere quasi nulla, anche se è stato sottoscritto dalle parti? Non vorremmo, come nel 2008, ritrovarci con il solito dilemma “da una parte il baratro del fallimento, dall’altra uno sviluppo in nome dell’italianità”, disco che nel 2008 divenne il mantra di un’operazione che è costata all’Italia più di 6 miliardi di euro e il cui fallimento ha come unici “colpevoli” i “soliti” lavoratori.