Nella scorsa settimana c’è stato un classico caso di “silenzio assordante”. Una di quelle notizie che avrebbero dovuto generare titoloni in tutti i giornali, anche quelli non economici, e invece nulla (a parte Il Sussidiario). La notizia è che il Pil Usa è risultato in calo del 2,9%, un valore pesantissimo, anche tenuto conto delle previsioni che lo davano in calo dell’1%. Questo è il dato che doveva essere spiegato, anche alla luce della reazione dei mercati finanziari. Infatti, nello stesso giorno, i mercati hanno inizialmente reagito perdendo qualcosa, poi però hanno recuperato e hanno chiuso la giornata comunque in crescita. Questa è l’ennesima conferma, per chi ne avesse ancora bisogno, che i mercati ormai si muovono non in dipendenza degli andamenti dell’economia reale, ma della quantità di denaro in circolazione. E siccome questa continua ad aumentare, le borse continuano a festeggiare.



Ma si tratta di una festa illusoria. Se infatti la moneta rispecchia sempre meno i beni reali e sempre più la stima dei beni (questo in teoria dovrebbe essere il valore e il significato dell’esistenza dei mercati finanziari), allora il valore del denaro dipende dalla sua capacità di rispecchiare correttamente tale valore. In fondo, non bisogna dimenticare che la moneta è uno strumento di misura (del valore) e quindi, come ogni strumento di misura, vale se misura correttamente. Ma qui abbiamo uno dei paradossi di questa crisi moderna: in fondo, le monete (mi riferisco sia all’euro che al dollaro) stanno misurando correttamente il valore dei mercati finanziari. Sono quest’ultimi che invece hanno perso ogni riferimento con la realtà.



La realtà è però testarda, dura nel tempo e nel tempo pure i mercati finanziari dovranno adeguarsi alla realtà. Quindi i mercati finanziari si sbricioleranno, si scioglieranno come neve al sole. Come è ovvio che sia, poiché se una moneta non serve più agli scambi commerciali, allora a che serve? A un gigantesco gioco del Monopoli, dove il fallimento della maggioranza è garantito, proprio come accade nel gioco citato? Un’economia reale così maltrattata dai mercati finanziari e dai potenti che gestiscono la moneta è destinata a soffrire nel breve periodo, ma pure è destinata a prendersi la sua brutale rivincita. Anzi, già sta accadendo, perché nel mondo globalizzato, dove i capitali possono potenzialmente spostarsi in un attimo, ora iniziano a spostarsi sempre meno, bloccati come sono dalla paura di imbroccare un fallimento o un rovescio improvviso e imprevisto. Una testimonianza di questa situazione imbarazzante è l’indice di volatilità (il cosiddetto Vix) ai minimi. Segno ulteriore che a questa crescita senza fine delle borse sono sempre in meno a crederci.



La cosa davvero terribile del dato Usa è che una delle posizioni più citate nella recente campagna elettorale era proprio il fatto che occorreva una Bce più simile nei comportamenti alla Fed americana, in modo da agganciare la loro ripresa migliore (sui numeri del Pil). Ma se l’economia ha un tetto strutturale, dovuto alla moneta debito delle banche centrali, una migliore efficienza dell’economia aiuta a raggiungere prima quel tetto, non a superarlo. Che l’economia americana sia avanti anche nel raggiungimento del crollo?

Un’ipotesi che non ci deve rallegrare, perché comunque siamo sulla stessa strada, poiché invece di correggere il sistema monetario e quello finanziario abbiamo un sistema di banche centrali il cui comportamento rimane decisivo per il sostegno artificiale a una finanza collassata. E non abbiamo nulla di che rallegrarci, perché all’orizzonte non si vede un politico o una parte politica che sia in grado di puntare alla soluzione della questione, con la ripresa della sovranità monetaria (a parte forse la Lega Nord e Fratelli d’Italia? Ecco, se fosse vero, la dimensione di questi partiti indica la capacità attuale della nostra politica di guardare al bene comune).

La situazione sta degenerando, proprio perché aumenta in proporzione sempre più la liquidità pronta a intervenire sui mercati e diminuisce quella che effettivamente viene impiegata sui mercati. Perfino uno speculatore come Soros ha recentemente dismesso tutte le sue partecipazioni in colossi bancari americani (Citigroup, Bank of America e JP Morgan). Come al solito, quando un grosso investitore impegna il proprio denaro in qualche impresa allora fa notizia e ne parlano tutti. Quando invece dismette le proprie partecipazioni, allora non ne parla nessuno; e i pesci piccoli rischiano di rimanere col cerino in mano.

Intanto l’economia reale va a rotoli. In Francia l’indice del manifatturiero ha subito l’arretramento peggiore in Europa. Ma questa volta dall’infornata di dati esce un quadro desolante, dove non c’è un solo settore che si sia salvato dall’andamento negativo. Ora se almeno nei numeri sembra esserci in giro un qualche segno positivo, questo in Francia non accade.

Si ingrossa una tempesta finanziaria epocale, contro la quale nemmeno i colossi bancari e le banche centrali potranno fare nulla. Si sono messi nella condizione di non poter fare nulla di utile. Non hanno fatto nulla di utile per i popoli e quindi non saranno capaci di uscire dalle loro gabbie mentali. Allora toccherà ai popoli prendere in pugno il proprio destino.