Ieri a Torino è stata approvata a maggioranza, con oltre l’80% del capitale, la fusione con Chrysler. Con 501 milioni di azioni che hanno votato a favore, 100 milioni contrarie e 3 milioni di astenuti, l’operazione che porta la Fiat oltre i confini nazionali è stata ratificata dall’assemblea degli azionisti del Lingotto che, riunitasi per l’ultima volta a Torino, ha dato il suo ok a Fiat Chrysler Automobiles. Il nuovo consiglio di amministrazione di Fca, in cui non entrerà Luca Cordero di Montezemolo, sarà composto da John Elkann, Sergio Marchionne, Andrea Agnelli, Tiberto Brandolino D’Adda, Glenn Earle, Valerie A. Mars, Ruth J. Simmons, Ronald L. Thompson, Patience Wheatcroft, Stephen M. Wolf, Ermenegildo Zegna.



La votazione che ha approvato la fusione ha tuttavia registrato il voto contrario di circa 100 milioni di azioni, con un controvalore di oltre 700 milioni di euro, pari al 15% del capitale azionario presente in assemblea e al 7,5% del capitale totale. Il valore eccede i 500 milioni che la società ha stanziato per il diritto di recesso, una soglia superata la quale la fusione non sarà ritenuta valida. “Non lo vedremmo come un fallimento se la fusione non dovesse andare in porto”, ha affermato il presidente Elkann; la fusione con Chrysler potrebbe infatti saltare se tutti gli azionisti contrari esercitassero il diritto di recesso. “Aspetteremmo e la faremmo tra qualche mese, tra un anno”, ha aggiunto Sergio Marchionne.



Con il voto di ieri, Fiat centra l’ultima data utile per poter giungere in ottobre alla quotazione a Wall Street, vero obiettivo del trasferimento della sede legale in Olanda e del domicilio fiscale nel Regno Unito. Il quartier generale a Londra pare sia stata una condizione implicita posta dagli investitori americani per partecipare con entusiasmo allo sbarco del Lingotto alla Borsa di New York.

Gli Agnelli garantiscono che quello di oggi non è un addio all’Italia ma un nuovo inizio. Sarà la verifica dell’impegno principale assunto solennemente da Marchionne: il ritorno alla piena occupazione negli stabilimenti italiani. Nelle prossime settimane dovrebbero partire gli allestimenti delle linee a Mirafiori, per il suv Levante della Maserati, e a Cassino per la nuova Alfa Giulia, l’auto che dovrebbe segnare la riscossa del Biscione. Solo quando arriverà la fine della cassa integrazione negli stabilimenti della Pensiola, si potrà dire che il bilancio sociale dell’operazione FCA è stato positivo per l’Italia.



“Rispetteremo l’impegno per il rientro di tutti i dipendenti in Italia”. Queste le parole piuttosto eloquenti di Marchionne circa la crescita della produzione. Certo si tratterà di un’operazione complessa, più volte – su queste pagine – abbiamo riportato i numeri della cassa integrazione. E, soprattutto, non diamo per scontato che all’aumento della produzione segua direttamente e automaticamente un corrispondente aumento delle vendite.

Tuttavia, che per il rilancio di Alfa Romeo questa sia davvero la volta buona pare confermato da una notizia di qualche giorno fa: Omr, una realtà da circa 600 milioni di fatturato (produce componenti come telaio, piantoni sterzo, assali, basamenti, teste, coppe olio, scatole cambio), ha ottenuto dalla Fiat una commessa del marchio Alfa Romeo da 70 milioni di euro per 10 anni per la produzione di automobili di alta gamma. Il gruppo Omr ha tra i clienti i marchi premium dell’automobile, da Lamborghini a Bugatti, da Audi a Maserati, che apprezzano la qualità delle produzioni bresciane.

 

In collaborazione con www.think-in.it