La Prima guerra mondiale (1914-18) fu un conflitto europeo, ancora una volta sulla scia degli aggiustamenti della caduta dell’Impero romano. Al di là dei richiami patriottici, il tentativo era di semplificare la mappa geopolitica d’Europa, e soprattutto di dividersi le spoglie dell’Impero Ottomano e di quello Austroungarico. Inoltre, la Grande guerra, che ebbe un effetto di riduzione demografica significativa in Europa, ebbe anche conseguenze economiche e geopolitiche enormi. Tutti settori produttivi, industriali, agricoli, dei trasporti, furono potenziati, costituendo un vero boom economico.



L’Inghilterra era il principale finanziatore degli alleati fino al 1916, quando chiese prestiti agli Usa. Il Pil inglese crebbe del 14% (1914-18), quello francese decrebbe del 23% rispetto al 1913 e gli Usa si trovarono a gestire una seria crisi finanziaria (dovuta a numerosi errori di gestione). Nel 1916 l’Inghilterra convinse la Francia a firmare un accordo (Sykes-Picot) per la spartizione delle regioni dell’Impero Ottomano in Medio Oriente: l’Inghilterra prese così il controllo di tutti i territori produttori di petrolio. Nel 1919, il Trattato di Versailles impose alla Germania sconfitta delle draconiane riparazioni di guerra che avrebbero dovuto ripagare dei danni alle economie civili europee. Invece, la grande maggioranza di quelle ingenti somme finì a ripagare i crediti delle banche Usa.



La Seconda guerra mondiale (1942-45) può essere ben considerata ancora come un episodio di chiusura dei contenziosi rimasti dopo il 1918. Questa volta, però, il risultato economico per gli Usa fu di otto dollari per ogni dollaro investito nel conflitto, e sul piano geopolitico la presa di controllo dell’Europa occidentale, nonché il passaggio di consegne dei territori mediorientali fino ad allora controllati dall’Inghilterra, con il famoso incontro tra Roosevelt e il re saudita nel 1945 a bordo di un incrociatore americano.

La gestione militare della Guerra fredda e dei suoi corollari, portò ben presto a capire che la spinta positiva della Seconda guerra mondiale sull’economia del dollaro si stava esaurendo. La dollarizzazione del mondo, iniziata con gli accordi di Bretton Woods, negoziati tra 44 paesi nel luglio 1944 ed entrati in vigore nel 1958, serviva a imporre un nuovo standard di dominio: il sistema monetario e finanziario. Nonostante ciò, dopo la sconfitta militare in Vietnam (1969-72) apparve chiaro che si doveva procedere a un’ulteriore aggiustamento del sistema euro-americano e mondiale.



La terza rivoluzione industriale dagli anni ‘70 ha portato l’era delle telecomunicazioni e dell’informatica progressivamente diventate di massa. In coincidenza con questo evento è iniziata la compressione dei salari e la crescita delle diseguaglianze sociali ed economiche. Una tendenza che si è aggravata con il laissez faire finanziario degli anni ‘90, la deregolamentazione finanziaria e commerciale su scala globale. La crisi del sistema finanziario americano nel 2007 e poi l’installarsi della recessione economica in Europa, pongono serie domande sulla possibilità di tenuta dei sistemi socio-economici euro-americani.

Dietro l’urgenza dei singoli eventi critici (la crisi economico-finanziaria del 2007-2008, le “primavere arabe”, la guerra civile siriana, la crisi in Ucraina) si profila, infatti, una crisi più comprensiva di tutte le determinanti fondamentali dell’ordine internazionale, dal progetto eccezionalmente ambizioso di ordine concepito agli inizi degli anni ‘90 su iniziativa americana, alla legittimità delle istituzioni interne e internazionali che avrebbero dovuto sostenerlo, fino allo smottamento dello stesso ordinamento politico-giuridico in senso lato “moderno”, edificato sulla duplice centralità dell’Occidente nel mondo e dello Stato in Occidente.

La domanda pressante sul tavolo di tutti i leader mondiali è la seguente: se il dollaro americano è la pietra miliare del sistema euro-americano e mondiale instauratosi dopo il 1945, con quali strumenti si può perpetuare quella dominanza che finora è stata garantita dagli accordi di Bretton Woods, dalla Nato e dalla superiorità militare e nucleare?

La prima leadership che è irrinunciabile per gli Usa è la dominanza nei rapporti transatlantici, senza i quali si vedrebbero ridotti al ruolo che essi avevano prima della Prima guerra mondiale. Si tratta comunque di una retrocessione di un secolo per diventare un attore influente solo nell’emisfero occidentale del mondo. La seconda leadership che è necessaria per gli Usa per mantenere un vantaggio mondiale è nei confronti della Russia, sul piano geostrategico, e dei Brics, sul piano finanziario. La guerra in Ucraina e le tensioni da nuova Guerra fredda non sembrano affatto sufficienti.

Il caos mondiale, come dicevamo, non è cosa nuova. Tuttavia, con i mezzi di oggi si può tentare di governarlo cercando di trarne profitto. Questo sembra essere il messaggio di guerra non dichiarata degli Usa al resto del mondo.

 

(3- fine)