La crisi ha inizio quando si mostrano deficienze nell’assetto produttivo del sistema delle imprese; a oggi la crisi permane, quelle deficienze pure. Deficienze tutto d’un fiato:         ogni anno 30 milioni di autovetture invendute a fronte di 90 milioni di unità prodotte nel mondo; le utility dell’energia, in Europa, hanno il 30% di sovraccapacità; le Poste italiane hanno il 20% di sportelli di troppo; le banche Ue chiudono le troppe filiali; 540.000.000 di tonnellate annue, il sovrappiù dell’industria siderurgica mondiale, solo in Europa +80.000.000 rispetto alla domanda; chi può ragionevolmente credere che tutti i libri contenuti in una singola libreria possano essere venduti?; negli Usa si contano ventiquattro mesi di eccesso di capacità nelle imprese edili: due anni senza costruire per smaltire 8 milioni di abitazioni invendute; i saldi, due volte l’anno, per smerciare merci invendute; gli outlet, i luoghi dove si tenta di smaltire l’invenduto; la moda, il modo dell’usa-e-getta per tentare di smaltire l’eccesso; ogni giorno, nelle panetterie di Milano, sei chili di pane restano invenduti.



Fiuuuuu, quanta deficienza nella gestione dei fattori della produzione, quanta sovraccapacità, quanto valore svalutato, quanta ricchezza bruciata e quanti profitti mancati per chi governa questi processi. Pure chi ha lavorato dentro quei processi, quanta capacità mal impiegata, quanto tempo mal usato; quanto lavoro svilito e così pure sottoremunerato.



Di male in peggio pure per la spesa pubblica fatta male e a debito, che costa troppo e diventa insostenibile: altre sovraccapacità si mostrano pur qua. Al fin si giunge a quelli della spesa privata, le famiglie insomma. Giunti, si scopre l’arcano: in un universo economico di cotante sovraccapacità, abitato da agenti pur essi sovraccapaci, ci stanno pure capacità represse, risorse inutilizzate, voglie insoddisfatte che svalutano altrettanto valore. Sì, quelle di tizi che, con redditi guadagnati nel produrre merci e servizi insufficienti a smaltire quanto prodotto, stanno oggi lì, renitenti alla spesa, costretti magari a smaltire il sovrappeso del troppo mangiare di ieri; a indossare pure l’usato magari pure passato di moda; magari ad andare in giro a piedi e non in Suv, bruciando nell’inedia quelle risorse di tempo, attenzione e ottimismo che proprio fin ieri tenevano attivo il ciclo economico.



Con tante sovra e sottocapacità che vengono alla luce, tutto si ingarbuglia generando le condizioni per quell’incastro perfetto che ha incastrato tutti gli agenti economici. Per sbrogliare il garbuglio e ripristinare il valore/agente necessario a generare ricchezza, a occhio e croce, tocca rifocillare il potere d’acquisto di quelli privati della spesa privata.

La “partita di giro” degli 80 euro prevista dal Governo, rialloca risorse insufficienti, sottraendo porzioni del prelievo fiscale che finanzia la spesa pubblica, per dar focillo a una parte di quelli che fanno la spesa privata. E no signori della politica economica, occorre fare di più, magari pure meglio. Non c’è solo l’osso, c’è pure la ciccia: quelle risorse di reddito che il malmesso sistema economico ancora genera, nel 2013 pressappoco 1560 miliardi di euro, vanno riallocate, magari per premiare il merito.

Riallocate, giust’appunto per remunerare l’impiego delle risorse impiegate dagli impiegati a fare la spesa. Buone per smaltire quelle sovraccapacità ripristinandone il valore. Altro che raschiare il fondo del barile!