Il nostro Paese sta attraversando “una recessione prolungata in condizioni che non sono più in grado di garantire competitività”. Lo ha detto Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, parlando ieri al Meeting di Rimini. Quindi ha aggiunto: “Saranno almeno dieci anni che dico che abbiamo bisogno di riforme e trasformazioni strutturali”. Abbiamo chiesto un commento al professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Che cosa pensa delle parole di Marchionne sull’importanza di fare le riforme?
Le imprese hanno dimostrato di essere competitive, ma potrebbero esserlo ancora di più se si attuassero riforme importanti anche sul piano della giustizia civile e della riforma del lavoro. Il vero tasto dolente è il fatto che anche il settore pubblico deve iniziare a fare dei sacrifici, anche se qualcosa si è già fatto. La spesa pubblica corrente al netto degli interessi e delle pensioni in Italia è diminuita di circa 14,5 miliardi tra 2010 e 2013, grazie soprattutto al blocco delle retribuzioni statali. Non ci si può però fermare ma bisogna continuare a insistere sul fatto che il settore pubblico risolva i suoi problemi.
Marchionne ha detto che al posto di fare le riforme in Italia si sono raggiunti dei compromessi. Oggi qual è la riforma più importante da fare e come evitare che sia un compromesso?
Il problema è evitare di finire in una spirale mediatica negativa sul nostro Paese che spinga i cittadini al pessimismo. Proprio per riacquistare credibilità, dobbiamo tagliare la spesa pubblica che è composta da consumi intermedi e costi per i dipendenti. Bisognerebbe prendere a esempio le Ferrovie dello Stato, che sono state rimesse in ordine da un amministratore delegato che ha attuato delle ristrutturazioni. Lo stesso bisognerebbe fare con le municipalizzate e con i grandi Comuni, alcuni dei quali hanno dei costi spaventosi.
Per Marchionne, Renzi “si è sempre scontrato con un muro di gomma”…
Il messaggio più forte nell’intervento di Marchionne di ieri è quando ha incoraggiato Renzi ad andare avanti senza preoccuparsi delle critiche, che vengono da tutte le categorie possibili. Solo perché si è parlato di un ritocco sulle pensioni più alte, che in Italia sono percepite da 100mila persone, abbiamo letto editoriali di fuoco su diversi quotidiani. L’Italia è un Paese dove ci sono opinionisti ed editorialisti sempre pronti a difendere le categorie più disparate.
Quali altri costi gravano di più sui conti pubblici?
Abbiamo per esempio l’aspetto della sanità, su cui oggi c’è la possibilità di detrarre le spese mediche anche per persone che hanno redditi fino a 15-20mila euro mensili netti.
Il bonus degli 80 euro però è sembrato non produrre risultati …
I consumi delle famiglie sono aumentate dello 0,1% sia nel primo sia nel secondo trimestre 2014, e lo ritengo già un primo dato positivo. Non sono certamente d’accordo con quanti affermano che gli 80 euro non sono serviti a nulla solo perché a giugno sono cadute le vendite al dettaglio, che è un dato piuttosto marginale.
Infine, quanto ritiene che siano preoccupanti i dati sull’occupazione?
Nel secondo trimestre 2014 l’occupazione nel Nord Italia è aumentata dello 0,3% rispetto al secondo trimestre 2013, al Centro è cresciuta dello 0,8% e al Sud è caduta dell’1,5%. L’Italia insomma non è tutta uguale, anche per quanto riguarda i settori. L’industria a livello nazionale in un anno ha aumentato l’occupazione del 2,8%, con un +3% al Nord, +6,6% al Centro e un -2% al Sud. A penalizzarci è il crollo del 3,8% dell’occupazione nelle costruzioni, pesante soprattutto al Centro e al Nord, e dei servizi che al Sud hanno registrato il -1,2%.
(Pietro Vernizzi)