Caro direttore,

Chiedo ospitalità al suo giornale, stimolato dall’intervista che Ennio Doris, Presidente di Banca Mediolanum, ha rilasciato a Il Corriere della Sera edizione Verona il mese scorso. In particolare, Doris, che guida un istituto a cui va certamente riconosciuto grandissimo spirito di innovazione, interpellato sul ruolo delle Banche di credito cooperativo (le antiche “Casse rurali”), afferma senza mezzi termini che le stesse sono, nell’attuale panorama, “come carrozze trainate da cavalli”, destinate quindi a essere travolte dall’implacabile avanzare della modernità. Continua infatti affermando che “il declino dei piccoli istituti è inesorabile”. Tali affermazioni hanno molto provocato il sottoscritto, membro da alcuni anni del Consiglio di amministrazione di una Bcc lombarda.



Ritengo infatti che tali perentori giudizi non possano essere contraddetti semplicemente limitandosi a rivendicare il ruolo che le Bcc hanno avuto e hanno ancora nel sistema bancario ed economico del nostro Paese. Certamente condivido le affermazioni – immediatamente successive all’intervista di Doris – rilasciate dai nostri organi federativi per ribadire tale importante ruolo (in primis nell’ambito del sostegno a famiglie e Pmi), personalmente credo però che il guanto di sfida lanciato dall’intraprendente banchiere veneto ci richieda – in questo momento storico – qualcosa di più profondo.



Negli ultimi anni – segnati da una crisi pesantissima e perdurante – le Bcc devono fronteggiare sfide di una durezza probabilmente senza precedenti. Di fronte a questo, premesso che si illude chi attende che passi la tempesta per tornare automaticamente agli antichi splendori, si tenta (giustamente) di fronteggiare la situazione in vari modi (nuovi prodotti e servizi, spinta all’utilizzo di Internet, ipotesi di aggregazioni, tentativi di coinvolgimento della base sociale, ecc.). Mi pare però che tali tentativi – seppur giusti e doverosi – fatichino molto a incidere sulla nostra situazione, e questo mi conferma nell’impressione, sopra accennata, che la questione sia più profonda.



L’esperienza di questi anni mi sta infatti convincendo che non si può tentare di risolvere i problemi senza approfondire adeguatamente la natura del soggetto che li affronta. Diversamente si è poco creativi e quindi scarsamente incisivi. Occorre riconoscere con realismo i seri problemi che affliggono il sistema Bcc e intraprendere un cammino per affrontarli, ma questo non può prescindere dal recupero e approfondimento della natura delle Bcc, grandiosa esperienza europea di sussidiarietà – nata peraltro in momenti storici molto più difficili dell’attuale – che ha concretamente sostenuto la crescita economica (ma anche culturale) di un popolo.

La “mia” Bcc – per limitarmi a un esempio tra i moltissimi – nei primi anni del ‘900 acquistava terreni agricoli da affittare, a canoni agevolati, agli agricoltori meno strutturati, fornendo loro anche le prime macchine agricole. Questo per alcuni, con una punta di scherno, è un “piccolo mondo antico”, connotato socialmente da forme operative di solidarietà che oggi sono superate, sono cose un po’ polverose (come le carrozze a cavalli …). Invece io mi chiedo: è ancora attuale questo impeto ideale di solidarietà? Se non lo è l’amara profezia di Doris arriverà a compimento, sarà solo una questione di tempo.

Come quindi provare ad affrontare le nuove sfide? Formulo due sintetiche osservazioni:

1- Il contesto sociale ed economico è profondamente cambiato, ma identiche – alla radice – sono le esigenze della famiglia che deve comprare casa, dell’imprenditore che lotta contro le difficoltà, del disoccupato, dell’agricoltore che deve ammodernare la propria azienda se non vuole soccombere, e via di seguito. Il mondo Bcc può efficacemente venire incontro a queste esigenze, e quindi proseguire la propria storia imprenditoriale, solo se – in modo non nostalgico – ritorna ad approfondire le proprie origini e le motivazioni che oltre un secolo fa hanno spinto uomini e donne di buona volontà a mettersi insieme per creare una rete di sostegno solidale. Gli uomini di allora – vedendo attorno a loro numerosi bisogni e dando retta alla propria umanità, che per sua natura è portata a interessarsi del bisogno dell’altro – hanno costruito una rete di solidarietà capillare, solida e professionale.

2- L’approfondimento di ciò che ha mosso alcuni a dare origine all’esperienza delle Bcc è l’unico metodo di lavoro che può aiutare chi le dirige e chi vi opera tutti i giorni a rimettersi in campo con una freschezza e creatività che sapranno farci instancabilmente ricercare e individuare le forme migliori per dare il proprio contributo alla vita del popolo nella nostra peculiare situazione storica.

A molti sembrerà astratto il nesso tra queste brevi riflessioni e la difficoltà delle situazioni che ogni giorno si presentano agli sportelli delle Bcc o ai tavoli dei loro Cda, ma sono certo che questa sia la sfida epocale a cui siamo chiamati, come nei difficilissimi anni a cavallo tra ‘800 e ‘900. Per noi l’opportunità è la medesima, oggi.