Ce lo aspettavamo tutti, compresa Piazza Affari che mezz’ora prima che il dato venisse pubblicato già vedeva il suo indice principale sotto dell’1,6%, ma quanto reso noto ieri dall’Istat è davvero preoccupante: dopo due trimestri consecutivi col segno meno del Pil, l’Italia torna tecnicamente in recessione. Nel secondo trimestre il Prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,3% nei confronti del secondo trimestre del 2013: gli economisti si aspettavano una crescita dello 0,1% e dello 0,2% a livello, rispettivamente, congiunturale e annuo.
Il valore reale del Pil è stato pari a 340,196 miliardi, il livello minimo dal secondo trimestre del 2000, come dimostra il grafico a fondo pagina. Il calo congiunturale, ha spiegato l’Istat, è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi. Dal lato della domanda, il contributo alla variazione congiunturale del Pil della componente nazionale al lordo delle scorte è risultato nullo, mentre quello della componente estera netta è risultato negativo.
L’economia italiana torna quindi a contrarsi per la terza volta in cinque anni. Dopo quella del 2008-2009, la breve ripresa del 2010, poi la recessione interrotta fino al terzo trimestre del 2013 e nel quarto la ripresina (+0,1%). Ora il cosiddetto “triple dip”, il terzo tuffo nella recessione, dopo che nel primo trimestre di quest’anno l’economia nazionale ha visto una contrazione dello 0,1% sui tre mesi precedenti e dello 0,5% sull’analogo periodo dell’anno precedente.
Scusate, quanto doveva crescere l’Italia quest’anno in base alle indicazione del Def ad aprile? Ah già, dello 0,8%. Ancora una volta, quando vi dicevo che quei numeri non erano credibili, parlavo a ragion veduta: se tutto va bene, ovvero se si resta in questa situazione macro da mani nei capelli, cara grazie che il dato finale sia dello 0,1% su anno. Ma pensate che sia solo l’Italia a patire in Europa?
È sempre di ieri la notizia che gli ordinativi all’industria in Germania a giugno che hanno accusato un pesante calo del 3,2% rispetto a maggio, con un -10,4% per le commesse dall’area euro, il tutto rispetto ad aspettative degli analisti che attendevano un passaggio in positivo da -1,6% a +0,9%. No dico, la Germania. Il problema è che Berlino può contare su un debito più basso, sullo status di Paese rifugio e su un surplus commerciale che rappresenta un vero e proprio cuscinetto dal contagio: e infatti, ieri, il rendimento del Bund decennale ha ritoccato nell’intraday il minimo storico all’1,104%, rispetto all’1,115% dell’apertura, facendo allargare lo spread con i paesi periferici e facendo testare al differenziale con il Btp decennale quota 170 punti per la prima volta dallo scorso 11 luglio, quando aveva toccato i 176 punti base, con un rendimento del titolo italiano al 2,80%. Addirittura record per il Bund a 30 anni, con il rendimento sceso sotto la soglia del 2%, il livello più basso da oltre due anni.
E attenzione, se è vero che la parte a breve termine della curva italiana è più al riparo dalle vendite, in quanto gode della rete di sicurezza garantita dalle prossime operazioni Tltro che la Bce avvierà nel prossimo autunno e dovremmo quindi riuscire tecnicamente a contenere aumenti di rendimento nel segmento tra i 2 e i 5 anni, tocca però vedere cosa faranno i mercati sulle scadenza del decennale e quanto si vorrà testare il terreno di un eventuale attacco estivo oppure garantire ancora una tregua fino all’autunno per vedere davvero cosa farà la Bce. La quale oggi riunisce il board per decidere sui tassi d’interesse, con ogni probabilità destinati a rimanere invariati sia per quanto riguarda quello di rifinanziamento principale che per quello sui depositi.
Il problema è sempre lo stesso, però, quello di cui vi parlo da mesi: il denaro di quelle aste non andrà affatto alle imprese, la riattivazione del credito per l’economia reale è una pia illusione se non si arriva all’unica cosa da fare subito, oggi: ritardare, dilazionandone di tempi di messa in pratica, se non addirittura sospendere le nuove normative imposte agli istituti di credito da Basilea e dar vita a una bad bank a livello europeo che obblighi davvero gli istituti a dire la verità sullo schifo che hanno nascosto nei bilanci. Con le sofferenze che continuano a crescere e la necessità di deleverage sugli assets per centrare i parametri richiesti dai regolatori, le banche non potranno prestare soldi e inoltre quelli che hanno dovranno usarli in parte per continuare a comprare debito sovrano, in caso le turbolenze di questi giorni rimettano lo spread sulle montagne russe.
Che farà quindi Draghi? Derogherà a quanto dichiarato e permetterà alle banche di usare i soldi delle aste anche per comprare debito? Forzerà la mano con la Bundesbank e interverrà col cannone sul mercato secondario per placare le sell-off speculative? Oppure proseguirà soltanto con acquisti mirati attraverso la non sterilizzazione dei bonds acquistati all’interno del programma Smp? L’unica speranza è che oggi Mario Draghi dia indicazioni chiare ai mercati, perché il tempo sta davvero per finire. Siamo di nuovo in recessione e con l’inflazione così bassa il rischio della deflazione sale. Inoltre, con una ratio debito/Pil già fuori controllo oggi, se si continua a contrarre il denominatore, rischiamo davvero di entrare in una “debt trap” pericolosissima.
Francamente non vedo nessuno a Roma in grado di fronteggiare una situazione di questa gravità, vedo solo professionisti delle slide e dell’annuncio: ma qui si rischia il Titanic davvero, se non l’avete capito. E attenti, perché con l’estate potrebbe riaprirsi prepotentemente un capitolo che si pensava chiuso, grazie anche al silenzio complice della grande stampa: ovvero, Monte dei Paschi, il cui titolo ieri ha aggiornato i minimi post-aumento di capitale. Occhio, perché al di là della questione Monti-bond, quella banca è ancora strapiena di titoli di Stato italiani. E se in Borsa dovesse scendere sotto quota 1 euro per azione, qualche fustigatore agostano potrebbe anche tentare l’assalto. E allora, non dico un bando dello short selling della Consob ma nemmeno un miracolo della Bce ci salverebbe dal terremoto.