Protesta dei governatori contro i tagli da 20 miliardi di euro alla sanità. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, ha preso ufficialmente posizione contro il modo in cui il governo ha scelto di attuare la spending review. Anche l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha detto: “Il Partito democratico non può tradire l’universalismo della sanità pubblica. Non affidiamoci alle voci, dobbiamo vedere come si chiude quest’anno, qual è la proposta sul Def. Quando si parla di 16-20 miliardi, bisogna vedere se è sostenibile”. Ne abbiamo parlato con Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica nell’Università di Milano-Bicocca.
Che cosa ne pensa dei tagli ai ministeri decisi dal governo?
Quanto sta attuando il governo Renzi non sembra una cosa molto diversa dai tagli lineari attuati in passato. E’ un approccio esattamente rovesciato rispetto a quello che fa la spending review, che parte dai servizi pubblici, cerca di capire quali sono i costi minimi per realizzarli e poi cerca di risparmiare i soldi in eccesso spesi finora per realizzare quelle produzioni. Invece in Italia ancora una volta accade l’esatto opposto: io (Renzi) tolgo delle risorse a una determinata finalità. Ma si verifica che anziché gli sprechi sono tagliati i servizi.
Come si fa a individuare i veri sprechi?
Lo spreco dovrebbe essere una spesa evitabile. Nella realtà di spese fatte per sbaglio non ce n’è neanche una, sono tutte effettivamente volute. A ciascuno spreco corrisponde un vantaggio concesso a qualcuno, una rendita o un diritto acquisito. Può essere una fornitura al settore pubblico a prezzi che non sono adeguati, un’agevolazione o un’indennità. Il paradosso della spesa pubblica è che più è improduttiva e più produce consenso.
Quindi per fare una spending review seria Renzi dovrebbe rinunciare al consenso?
La spending review è paragonabile a un sovrano antico che si trovasse a togliere sedi e titoli nobiliari. Ai tempi della monarchia assoluta, i sovrani acquisivano il consenso dei nobili attraverso la concessione di feudi. Oggi al posto del sovrano assoluto c’è la politica, che in Italia ha cercato il consenso non attraverso gli interessi collettivi della nazione, ma attraverso interessi settoriali e concedendo vantaggi a determinate categorie. Il meccanismo però è lo stesso, la politica attraverso la spending review si trova a togliere feudi ai suoi feudatari; i quali, ovviamente, non saranno contenti…
Vede all’orizzonte un “conflitto” tra Regioni e governo, e dove porterà?
Il fatto di attribuire la competenza della sanità alle regioni solleva diversi problemi. Dal momento che le cure per certe malattie sono uguali a Trento e a Palermo, sarebbe meglio togliere la sanità alle regioni e organizzarla in modo separato, rendendo autonomi Asl e ospedali.
Non le sembra, stando alle cronache, che manchi o che ci sia uno scollamento tra vertice politico e vertici tecnici dei ministeri, che dovrebbero tradurre in atti le decisioni del primo?
Occorre capire che cosa intendiamo con i vertici tecnici. In molti casi si tratta di strutture tecnocratiche con un vantaggio simmetrico, cioè godono di un privilegio sull’informazione che non forniscono al politico. Vivono questo vantaggio informativo per tradurlo in diritti di veto, spiegando che non è tecnicamente fattibile.
(Pietro Vernizzi)