La produzione industriale dell’Italia a luglio cala ancora dell’1,8% e il debito pubblico aumenta a quota 2.186 miliardi, proprio mentre gli indicatori europei risultano al contrario positivi. Nei 18 Paesi dell’Eurozona l’industria a luglio è cresciuta dell’1% e nell’intero secondo trimestre l’occupazione è aumentata dello 0,2%. Intanto slitta il rispetto da parte dell’Italia del rapporto deficit/Pil al 2,6% previsto dal Fiscal Compact, ma il premier Renzi osserva su Twitter: “Noi rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Dall’Europa non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti”. Ne abbiamo parlato con l’economista Luigi Campiglio.



Professore, i dati dell’Italia sono negativi, mentre la media europea registra il segno positivo…

L’aumento europeo è soprattutto da parte della Germania, che nel mese di luglio è stato pari all’1,9%. Le altre grandi economie come la Francia (+0,2%) hanno avuto un aumento molto lieve ma comunque un segno positivo. Il Regno Unito aumenta a sua volta dello 0,5%. Abbiamo ancora una situazione piuttosto differenziata, perché a fronte dell’aumento europeo abbiamo delle diminuzioni prevalentemente su Paesi più piccoli. A fare eccezione è soltanto a Svezia, in cui pure c’è stata una diminuzione dell’1,2%.



Quanto ci deve preoccupare il dato italiano?

Il dato italiano va considerato con particolare attenzione perché dei sei mesi precedenti, quattro sono stati negativi e il mese di luglio indica il proseguire di un segno meno nella produzione industriale. Anche altri Paesi come Grecia, Danimarca, Romania, Finlandia e Norvegia hanno registrato una diminuzione nel mese di luglio, ma nel caso dell’Italia la serie negativa dura da più tempo.

Per quanto riguarda l’Italia, dove occorre agire e quali sono le cose da fare?

Finalmente Draghi ha affermato che la via maestra è l’aumento degli investimenti. Quest’ultimo è la leva più forte per diminuire il tasso di disoccupazione, sia pure con qualche ritardo. Se aumentano gli investimenti in costruzioni, in quest’ultimo settore l’offerta diventa più rapida che non nell’industria, e la conseguenza è che nell’arco di pochi trimestri, non più di un anno, l’occupazione aumenta. Il vero problema è come finanziare un aumento degli investimenti pubblici. Gli investimenti privati, soprattutto in Italia, rimangono ancora alla finestra in attesa.



E dove possono essere trovate le risorse per gli investimenti pubblici?

Se le risorse per aumentare gli investimenti, in particolare quelli pubblici, derivano da un taglio della spesa a tassazione invariata, l’effetto si ridimensiona rapidamente, in quanto i due interventi producono conseguenze in qualche modo opposte. Trovo molto rischioso un taglio della spesa quando quest’ultima è in diminuzione ormai da parecchio tempo, e i bisogni dei cittadini per servizi pubblici essenziali sono semmai aumentati. Occorre dunque aumentare gli investimenti, semmai bisognerebbe trovare il modo appropriato perché il canale del credito alle imprese sia attivato non a tassi bassi. La riduzione della spesa al contrario rischia di produrre effetti moltiplicativi più forti che in passato.

 

Renzi ha ricordato che Bruxelles ha promesso all’Italia 300 miliardi di investimenti. La Ue sta facendo quello che deve?

La promessa europea è certamente importante anche per il significato politico che assume il fatto di fare investimenti Ue anziché di ogni singolo Paese. Bisogna capire però come vengono finanziati. Se si trovano risorse europee per finanziare investimenti in tempi molto brevi, sarebbe realmente una notizia positiva.

 

(Pietro Vernizzi)