Il sogno di William Walllace, eroe scozzese immortalato nel film Braveheart, è a un passo dal realizzarsi. “La nostra campagna è un motivo di speranza contro la paura. Questa è la nostra chance per mettere fine a una situazione nella quale abbiamo un governo conservatore per il quale non abbiamo mai votato. Proprio come è accaduto non una ma numerose volte”. Lo ha detto Kenny MacAskill, ministro per la Giustizia nel governo scozzese e uno dei leader del movimento che ha organizzato il referendum per l’indipendenza che si terrà il 18 settembre. Ne abbiamo parlato con Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.



Un’indipendenza della Scozia dal Regno Unito produrrebbe conseguenze tragiche?

Quando si è deciso di fare fallire la Grecia, è stato un disastro per il mondo intero. Ma se una nazione decide di chiedere l’indipendenza non è una tragedia, anche perché in Europa ci sono piccoli Stati quali Belgio e Lussemburgo. Se anche gli scozzesi decideranno per l’indipendenza, ritengo che non ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ciò che sinceramente non capisco e che mi preoccupa è piuttosto un’altra cosa…



Quale?

Mi riferisco al fatto che gli scozzesi non abbiano pensato e non vogliano pensare di stampare una loro moneta. L’unica spiegazione possibile è che avendo la sterlina, e non avendo mai sperimentato l’euro, non hanno idea di che cosa voglia dire essere indipendenti senza sovranità monetaria. Personalmente però ritengo che gli scozzesi stiano compiendo un grave errore.

Perché ritiene che la vera questione sia quella della moneta?

Una delle caratteristiche fondamentali di uno Stato sono i trasferimenti interni. Senza questi ultimi, nel momento in cui ci sono degli squilibri economici si producono dei disastri. In questo momento l’Europa, nonostante la divisione tra Stati, ha una moneta unica ed è priva di trasferimenti interni. Il tutto andrebbe ripensato nell’ottica della valuta e delle aree monetarie ottimali, altrimenti la semplice indipendenza normativa avrebbe un peso relativo.



Questo referendum può creare un precedente per altre realtà come la Catalogna?

Una volta ho visto una grafica che mostrava in n minuto i cambiamenti dei confini all’interno dell’Europa negli ultimi 500 anni. Quello di aggregazioni, scioglimenti, frammentazioni e ricongiungimenti è un processo che è sempre stato in divenire. La suddivisione amministrativa non è però ciò che fa la differenza. Per esempio, il fatto che la Norvegia abbia scelto di non entrare nell’Ue non ha prodotto conseguenze particolarmente gravi, anzi i norvegesi stanno benone. Lo stesso si può dire quando i danesi votarono no al referendum sull’euro. Quindi non ritengo che se anche altre realtà dovessero optare per un cambiamento o per l’indipendenza, ciò produrrebbe dei particolari sconvolgimenti.

 

E se anche il Veneto decidesse di chiedere l’indipendenza?

Il processo di affermazione dell’indipendenza del Nord è molto meno sviluppato del movimento scozzese. Anche in questo caso la cosa sarebbe più che legittima, anche se ci sarebbero dei pro e contro. Di certo però la Lega nord non farebbe l’errore degli scozzesi. Una volta che il Nord Italia deciderà di avere la sua indipendenza, se lo farà, lo farà anche con la sua moneta. Anzi, per valutare i pro e i contro dell’indipendenza della Scozia, vorrei farle un esempio preso proprio dall’Italia.

 

Prego…

Poniamo che il Veneto diventi indipendente dall’Italia e che decida di tenere l’euro, mentre il resto dell’Italia, Lombardia inclusa, esca dal’Eurozona e ritorni alla lira. Il giorno dopo un frigorifero prodotto a Verona costerebbe il 40% in più di quello prodotto a Brescia. Gli stessi veronesi andrebbero ad acquistare gli elettrodomestici fatti a Brescia. Il Veneto dunque nonostante l’indipendenza si troverebbe con una forte disoccupazione.

 

(Pietro Vernizzi)