La Banca centrale europea annuncerà oggi l’entità del pacchetto di prestiti della durata di quattro anni alle banche per potenziare il credito al settore privato. Il programma, chiamato Targeted Longer-Term Refinancing Operations o Tltro, è parte di una serie di interventi che includono anche il taglio dei tassi d’interesse. Il 4 settembre è stato inoltre annunciato un ulteriore taglio e nuovi acquisti di debito privato. Ne abbiamo parlato con Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore.



Per Fitch, l’asta Tltro non produrrà effetti sul credito all’economia reale. Lei che cosa ne pensa?

Soprattutto se osserviamo quanto è avvenuto dal 2011, cioè da quando si è avuta la seconda ondata di crisi, sappiamo quanto sia stata difficile la fase di trasmissione degli impulsi di politica monetaria della Bce sul mercato. Questo è il grande tema irrisolto di tutti questi anni, la difficoltà di stabilizzare il mercato secondo i presupposti e la direzione di marcia ideata dalla Bce. Il mercato interbancario e del credito è rimasto sostanzialmente fermo e non ha dato i risultati sperati. Vedremo che cosa produrrà nei fatti l’asta Tltro. C’è una situazione generale per cui mentre si profila una forte necessità di nuovi rafforzamenti patrimoniali, in vista degli stress test del sistema bancario, il tema della scarsità del credito per famiglie e imprese rimane centrale.



Ritiene che la Bce avrebbe dovuto ricorrere al quantitative easing?

Diversi osservatori ritengono che senza un quantitative easing di fatto non si esce dalla crisi. Anche questo è un dato che fa parte del dibattito, e che ha fatto capolino proprio nei giorni scorsi. Ambrose Evans-Pritchard, editorialista del Daily Telegraph, riferendosi allo strategist di Mediobanca, Antonio Guglielmi, ha messo l’accento sulla possibilità che nel 2015 il debito pubblico italiano possa arrivare al 145% del Pil, sottolineando che si tratta di una soglia che potrebbe non essere sostenibile. La sua valutazione è stata che in assenza di una “bomba nucleare monetaria”, cioè di un quantitative easing della banca centrale, l’Italia si troverà in un’enorme difficoltà. Purtroppo però un intervento “all’americana” è un’ipotesi nei fatti lontana, anche se potrebbe poi essere la strada maestra.



Come affrontare allora il problema del credit crunch?

Il direttore di Bankitalia, Salvatore Rossi, ha ricordato che siamo un sistema “bancocentrico”, in cui le banche sono il principale sistema di finanziamento delle imprese medio-piccole. È inutile dunque rimpallarsi le responsabilità tra la banca da un lato e l’impresa dall’altra, perché ci troviamo di fatto di fronte a un fallimento del mercato. Per Rossi è ingiusto affermare che il sistema bancario avrebbe fatto mancare il credito, perché i dati dimostrano che dal 2008 a oggi il credito bancario alle imprese nel complesso è aumentato, ma d’altra parte è peggiorata la qualità degli attivi delle imprese.

 

Quanto il futuro dell’economia dipende dalla Bce di Draghi e quanto invece dalle politiche di Renzi?

C’è una generale consapevolezza che la politica monetaria può limitarsi a fare opere di supplenza momentanee. Il problema rimane quello di una diversa composizione della tassazione, con meno tasse sul lavoro e meno spesa improduttiva e una politica di bilancio che consenta ai conti pubblici di non deragliare. Negli ultimi mesi la consapevolezza che la politica monetaria non sia in grado di risolvere il problema da sola, fa sì che se non intervengono le politiche nazionali e un maggiore sforzo comunitario da questa situazione non si esce.

 

(Pietro Vernizzi)