Il probabile, ma non auspicabile fino all’ultimo, fallimento di NTV costituirebbe una triplice sconfitta per il Paese.
Quella più evidente sarebbe l’assenza di una alternativa concorrenziale al Freccia Rossa di Trenitalia. Minori servizi e frequenze sulle tratte di Alta Velocità, quindi qualità inferiore. Saranno inevitabilmente ridotte le offerte promozionali e le tariffe standard non potranno che aumentare, riducendo il benessere e le opportunità per i consumatori.
L’assenza di concorrenza, sulla rete dei circa mille chilometri di Alta Velocità, costituisce una seconda sconfitta, dato che l’Alta Velocità italiana ha i costi infrastrutturali più alti del mondo. La conseguenza di ciò saranno minori frequenze ed utilizzazione che comporteranno dei tempi di ammortamento enormi, dati anche i costi dell’infrastruttura. Costi che, come ha evidenziato uno studio dello scorso anno della Baruch Feigenbaum High-Speedway Rail in Europe and Asia: lessons for the United States, sono i più alti del mondo. Con un costo km di 38 milioni, contro i 16 milioni della media mondiale, avremmo un motivo in più per liberalizzare lo sfruttamento della rete e massimizzarne l’utilizzo.
Un ritiro dal mercato di NTV avrebbe conseguenze negative in tutto il settore dei trasporti e del resto dei servizi di pubblico utilità, dove la concorrenza “per il mercato” o “nel mercato” è già debole, se non quasi ininfluente. Si rischierebbe di sancire che processi di liberalizzazione e di sviluppo della concorrenza non sarebbero proprio possibili in Italia. Se è vero che l’accesso alla rete AV è avvenuto praticamente solo in Italia, è anche vero che nel resto d’Europa la liberalizzazione si è attuata nel decisivo settore del trasporto locale. Settore in cui, in Italia, non è stato stipulato un contratto di servizio regionale tramite gara pubblica. Un solo dato: sono meno di 100mila i viaggiatori dell’alta velocità nazionale, contro i quasi tre milioni di pendolari che utilizzano i treni locali.
Le ragioni della crisi di NTV sono da spiegare certamente nelle barriere all’ingresso alla rete e alle stazioni frapposte da RFI del gruppo FS. Disponibilità di tracce orarie poco appetibili, stazioni periferiche, come Porta Garibaldi a Milano, quella di Ostiense a Roma e la scandalosa vicenda della lunghezza della durata dei lavori nella stazione di Roma Tiburtina hanno penalizzato gravemente NTV.
Nonostante la solidità finanziaria degli azionisti (ferrovie francesi, Motezemolo, Della Valle ecc), NTV rischia di gettare la spugna. Le liberalizzazioni restano un oggetto misterioso, e monopoli pubblici e privati, grazie ad agganci politici e corporativi, resistono ad ogni cambiamento.
Si vede sia dai costi di gestione delle Ferrovie dello Stato che dalla basa qualità dei servizi offerti. Del resto nel 2010, con il pretesto dell’equilibrio finanziario del trasporto regionale tra Torino e Milano, operato dal monopolista Trenitalia, venne impedito ad Arenaways di attivare i servizi intercity tra le due città con le fermate intermedie a Vercelli, Novara e Chivasso. Il servizio partì senza queste opportunità di carico e fallì rapidamente. Sul suo ricorso, due anni dopo, il Tar diede una multa alle FS, Arena vinse la causa, ma oramai era fallito.