“Personalmente troverei problematico annunciare un programma di acquisto bond inclusi quelli greci a gennaio”. Lo ha dichiarato Ardo Hansson, consigliere della Bce e governatore estone. Il 25 gennaio la Grecia voterà per il rinnovo del Parlamento e a essere in testa nei sondaggi è Syriza di Alexis Tsipras. Il partito di sinistra ha annunciato che in caso di vittoria rinegozierà gli accordi con la Troika chiedendo una ristrutturazione del debito pubblico. Lo stesso portavoce della Bce ha sottolineato che la deroga che consente alle banche elleniche di accedere alla liquidità dell’Eurotower è vincolata a una nuova intesa tra il Fondo Europeo Salva Stati (Efse) e l’esecutivo di Atene. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.



Perché la Bce ritiene decisiva una nuova intesa tra Efse e Atene?

Il Fondo Salva Stati è un pretesto per affidare al Fmi la ristrutturazione dei Paesi “eurodeboli”. È un meccanismo crudele, una sorta di “camera del fallimento” in cui valgono le teorie tradizionali del Fmi, tra l’altro peggiorate e imbarbarite dal fatto che adesso non ci sono più gli esperti di una volta. È come se i soci di una cooperativa prendessero il soggetto in difficoltà, in questo caso Atene, e lo affidassero al curatore fallimentare. Quello alla Grecia non è un aiuto interno, bensì un’operazione aberrante. L’Efse, cui l’Italia ha follemente contribuito con una cifra rilevante, è una specie di anticamera della ghigliottina.



Quali timori suscita in Europa un’eventuale ascesa al potere di Tsipras?

In Europa nessuno si fida dei greci. Tsipras ha detto che non intende uscire dall’euro ma solo chiedere una ristrutturazione del debito greco. Può darsi però che lo dica ma pensi un’altra cosa, oppure che sia poi trasportato dalle circostanze fino a uscire dall’euro. Di fatto Syriza darebbe vita a un braccio di ferro con la Troika, per cui se non si accetteranno le sue richieste uscirà dall’euro. Chiedere una pesante ristrutturazione senza termini giuridici precisi implica fare una specie di ricatto, e l’unico modo per attuarlo è minacciare di non seguire nessuna regola e uscire dall’euro.



Quali conseguenze avrebbe un’uscita della Grecia dall’euro?

Dal punto di vista tecnico se la Grecia uscisse dall’euro non accadrebbe nulla. Il suo debito è già stato ristrutturato, è quasi tutto nelle mani di Fmi e Bce, e quindi non ci sarebbero particolari problemi. Il problema di Draghi è che se si crea il precedente della reversibilità, questo possa portare all’uscita dall’euro anche da parte di altri paesi. Le istituzioni europee non si fidano quindi di fare uscire la Grecia perché ne temono le conseguenze.

 

Che cosa rende la situazione così incerta e complicata?

Il punto è che le istituzioni europee sono deboli. La Germania ha messo l’intero meccanismo in una situazione tale per cui il ricatto della finanza internazionale in caso di un evento modesto come l’uscita della Grecia dall’euro avrebbe effetti molto rilevanti. L’Ue è come un edificio senza un estintore: basta un piccolo fuocherello per bruciare tutto.

 

Perché la responsabilità sarebbe della Germania?

Perché si è sempre rifiutata di dare alla Bce la sufficiente autonomia per difendere l’euro in caso di uscita della Grecia. Il discorso che andava fatto era molto più semplice. Sarebbe bastato dire che l’euro è irreversibile come moneta, ma che se un piccolo Paese come la Grecia vuole uscirne, le istituzioni europee sono in grado comunque di garantire la moneta unica.

 

Per quale motivo non è stato possibile fare questo discorso?

Il problema è che l’Europa sconta due debolezze. La prima è che non esistono procedure che possono essere autonomamente avviate dalla Bce. La seconda è che l’Unione europea non ha un potere legislativo vincolante sugli Stati membri. Tanto è vero che in Germania è diffusa la teoria in base a cui la Corte costituzionale tedesca può pronunciarsi sul fatto che una norma europea sia o meno applicabile per Berlino. Poiché l’Ue è priva di questo potere legislativo, è poi costretta a inventarsi meccanismi crudeli come il Fondo Salva Stati.

 

(Pietro Vernizzi)

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