«Il vero punto debole dell’Europa da un punto di vista economico non è la Grecia e nemmeno l’Italia, bensì la Francia». Lo afferma il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, a meno di due settimane dal voto per il rinnovo del Parlamento di Atene previsto per il 25 gennaio. Le elezioni greche stanno suscitando incertezza sui mercati, in quanto a risultare favorito nei sondaggi è il partito Syriza di Alexei Tsipras. Il suo principale concorrente, il premier uscente Antonis Samaras di Nea Demokratia, ha presentato il suo programma economico che punta al rilancio degli investimenti esteri per creare 770mila posti di lavoro entro il 2021, e prevede inoltre una ristrutturazione soft del debito.
Quali conseguenze avranno per l’euro le elezioni greche?
Da un lato abbiamo ipotesi catastrofiche come l’assenza di una maggioranza che potrebbe provocare traumi formidabili all’Eurozona. Altri scenari prevedono che lo stesso Tsipras verrà a più miti consigli nel momento in cui si dovesse trovare a guidare il Paese. In questo senso oscilliamo tra due estremi.
Tra questi due estremi lei che cosa si aspetta?
È molto probabile che uno scenario completamente catastrofico non si verifichi, innanzitutto perché la situazione dell’Eurozona è molto diversa da quella del 2011. Abbiamo avuto una prima fase di interventi di Draghi che ha rassicurato i mercati, e le stesse misure che la Bce si predispone a mettere in campo vanno in questa direzione.
E quindi?
Quindi non c’è il rischio di un’accelerazione come quella che abbiamo vissuto nel 2010-2011. Anche se è vero che la complessità della situazione greca non facilita la stessa azione di Draghi, ma nel complesso oggi il clima è meno drammatico, perché si è posta una serie di paletti che in qualche misura ha tranquillizzato i mercati.
Anche Samaras di Nea Demokratia ha ipotizzato una ristrutturazione soft del debito. È inevitabile che le condizioni poste dalla Troika siano ridiscusse?
Ci sono tante regole che vengono ridiscusse in queste settimane. Il problema non riguarda soltanto la gestione del debito della Grecia, ci sono temi importanti all’orizzonte come la possibilità che l’Europa riconosca lo scorporo di una certa quota di investimenti dal deficit. Insomma, nonostante le lentezze c’è un cambiamento in atto.
La Grecia sarà esclusa da questo cambiamento?
Mi auguro che ciò non avvenga. Gli stessi paesi Ue devono riconoscere che, nonostante gli errori compiuti da Atene prima della crisi, in Grecia è stata provocata una gigantesca recessione. Ciò che è avvenuto, da un punto di vista economico, è stato come avere sperimentato l’arma nucleare su una nazione. È stata distrutta una quota importante del Pil e dell’occupazione. Quando si riduce un Paese in queste condizioni poi è difficile prospettare una ripresa. Tanto più che si tratta di un Paese che ha compiuto notevoli sforzi dal punto di vista dell’aggiustamento dei conti, che fanno sì che quest’anno Atene vada in avanzo primario.
Tsipras potrebbe essere una sponda anti-austerity per Renzi?
L’Italia ha assunto chiaramente una linea di rispetto delle regole europee. Il nostro governo sta portando avanti una serie di azioni godendo di una certa autorevolezza proprio perché i parametri li ha rispettati. Da questa linea non si deve derogare, proprio perché è quella che può consentire maggiore forza contrattuale al nostro governo. Si tenga presente inoltre che non c’è solo il problema della Grecia, ma anche quello della Francia, che è molto più preoccupante.
Perché la Francia desta preoccupazione?
Nonostante la grande manifestazione di domenica, la Francia è un Paese che esce traumatizzato e che ha dei conti pubblici da mettere a posto. L’Italia ha un debito pubblico elevato, ma ha sempre dimostrato di saperlo gestire grazie a una serie consecutiva di avanzi primari che Parigi non è stata capace di fare. La Francia non ha ancora cominciato a fare austerità e si trova già a crescita zero, la produzione industriale nei mesi scorsi è caduta. Pur non avendo ancora preso misure draconiane per la propria spesa pubblica, Parigi è già in una fase di forte rallentamento.
(Pietro Vernizzi)