I sondaggi per le elezioni in Grecia del 25 gennaio continuano a indicare un chiaro vantaggio per Syriza. Poiché la legge elettorale greca prevede un forte premio di maggioranza per il partito vincitore, Syriza ha un’alta probabilità di essere il primo partito nel nuovo Parlamento di Atene. Un successo che – secondo alcuni osservatori – potrebbe rivelarsi addirittura massiccio e maggioritario. 



Syriza, tuttavia, è solo formalmente un partito: in concreto è una coalizione che tiene assieme elementi dell’estrema sinistra più radicale, assieme a socialisti moderati (non appare azzardato il paragone con la vecchia Dc italiana – aggregato di correnti di ispirazione molto diversa e spesso conflittuali).



Il programma economico della coalizione pilotata da Alexis Tsipras – cuore  della sua proposta alla Grecia “post-crisi” – anzitutto punta sulla richiesta Ue di saldo primario positivo per il 4% per i prossimi anni e a rinegoziare invece il valore nominale del debito pubblico (oggi pari al 170% del Pil).

Sui mercati finanziari gode di un certo consenso la prospettiva che l’eventuale negoziato con la “troika” (Ue, Bce, Fmi) possa essere questa volta più duro che in occasione della “prima crisi greca”: oggi l’impatto sistemico del debito greco (verso il sistema bancario, a cominciare da quello tedesco) è enormemente ridotto rispetto al periodo 2010-2012. La situazione finanziaria appare quindi relativamente tranquilla per il resto dell’eurozona. Visto però che l’ambiente politico europeo è in evoluzione (crescono di peso i partiti euroscettici), le conseguenze politiche di difficoltà negoziali con la Grecia potrebbero essere maggiori che in passato. 



La durezza del negoziato con la “troika” attesa sulla base di considerazioni esclusivamente finanziarie potrebbe essere ammorbidita dalle considerazioni legate all’evoluzione del mondo politico (il cancelliere tedesco Angela Merkel vorrà affrontare in termini risoluti solo Syriza, nel sud dell’Europa, o terrà conto del comportamento di Alternative fuer Deutschland e di Pegida a Berlino?).

Un po’ di prudenza – per gli investitori – non appare quindi ingiustificata: nell’Europa del 2015 – come hanno dimostrato purtroppo anche gli attacchi di Parigi – tutto può accadere ogni giorno (anche che la Banca nazionale svizzera sacrifichi un po’ della sua credibilità). Poi è vero che non è interesse di nessuno dei 18 partner della Grecia nel club dell’euro spingere fuori Atene. Non da ultimo: la popolazione greca sembra ancora gradire l’euro e Tsipras per primo ne sta tenendo conto negli ultimi giorni della campagna elettorale.

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