“Siamo in ritardo – ha esordito divertito Mario Draghi – ma abbiamo avuto problemi tecnici: gli ascensori non funzionavano”. Anche l’efficiente organizzazione tedesca ha le pecche, ci avverte il presidente della Bce, al termine della sua ultima battaglia vittoriosa. La riunione della Bce, infatti, non ha partorito un topolino. Il bazooka di Draghi avrà una potenza di fuoco più robusta del previsto: il Quantitative easing europeo disporrà di 60 miliardi al mese dal prossimo mese di marzo fino al settembre 2016, o almeno fino a quando il tasso di inflazione dell’Eurozona non sarà tornato vicino al 2%. 



Gli acquisti saranno concentrati su titoli con scadenza da 2 a 30 anni, purché muniti di investment grade. Non potrà essere acquistato più del 33% del debito di un singolo Paese, né più del 25% di una singola emissione. Non si potranno perciò acquistare titoli greci, oggi sottoposti ai vincoli internazionali legati ai prestiti della Troika. Ma il vincolo potrebbe decadere nel prossimo luglio. 



Più importante: la condivisione del rischio sulle eventuali perdite relative agli acquisti di titoli di Stato effettuati dalla Bce sul mercato secondario sarà pari al 20%, mentre l’80% sarà a carico delle rispettive banche nazionali. È un successo della Bundesbank, che ha così limitato la condivisione dei presunti rischi del programma. 

Insomma, un delicato esercizio di equilibrismo. A fronte di una sorpresa positiva rappresentata dall’entità degli acquisti mensili, pari a 60 miliardi di euro e superiori alle attese di mercato di 50 miliardi, spicca la sorpresa negativa della “decentralizzazione dei rischi”, nella misura dell’80% del totale degli acquisti.



Ma a ben vedere è più un sacrificio psicologico che sostanziale che Draghi ha accettato per evitare fratture più dolorose. Del resto, da consumato comunicatore, il presidente della Bce commentato: “Con la limitata condivisione dei rischi prevista nel piano di acquisti di titoli della Bce volevamo un sistema che mitigasse le preoccupazioni di alcuni di potenziali conseguenze non volute nel futuro”. Preoccupazioni gonfiate negli ultimi giorni dalla stampa tedesca, a partire dalla Bild, il tabloid più popolare: “Sono stupito del fatto che la questione della condivisione dei rischi sia diventata la cosa più importante nel dibattito sulla stampa alla vigilia della decisione della Bce”, ha ripetuto più volte Draghi nel corso della conferenza stampa. “Chiediamoci se sia una scelta così fondamentale per l’efficacia del piano, noi – ha concluso – riteniamo di no”. Anche perché “le banche centrali dispongono di cuscinetti adeguati per far fronte agli imprevisti”. 

Al di là delle schermaglie diplomatiche, herr Draghi ha compiuto l’ennesimo capolavoro. Non solo ha condotto in porto un’operazione impensabile solo fino a pochi mesi fa. Ma è riuscito a imporre alla maggioranza del consiglio una valutazione del quadro macroeconomico in linea con i comportamenti e la visione del Fondo monetario internazionale e della Fed, in netto contrasto ideologico con le convinzioni dell’ortodossia tedesca. Il Quantitative easing servirà a immettere liquidità contribuendo a riequilibrare i portafogli bancari, oggi pieni di titoli di Stato. Non meno importante, potrà essere decisivo per riportare fiducia nell’economia, anche se, ha sottolineato più volte, non può, né deve sostituirsi al risanamento della politica fiscale. 

Non esistono, al contrario di quanto sostenuto dai falchi, rischi di “bolle”, almeno a livello europeo. “Se ci saranno bolle locali – ha commentato seccamente, riferendosi probabilmente agli allarmi periodici sull’immobiliare tedesco – andranno affrontato a livello locale”. Né va esagerato l’impatto sui cambi: in questi anni le monete non si sono mosse su impulso della finanza, ma come conseguenza dell’evoluzione del quadro economico. E, cosa che Draghi non ha detto, la discesa dell’euro è più un problema per gli altri che per noi europei. 

Le conseguenze più immediate della “rivoluzione” hanno riguardato lo spread tra Btp e i Bund, in netto calo a quota 113 dopo escursioni da brivido. Più composta la reazione della Borsa, dopo l’entusiasmo iniziale. Ma la mossa di Draghi è una grande occasione, e insieme anche una grande responsabilità, per le banche. Il sistema bloccato dalle sofferenze e dagli equilibri ingessati nel giro di una settimana ha a subito due shock: la riforma per decreto delle Popolari, scossa inattesa quanto opportuna; adesso arriva, con il bazooka, la possibilità di convertire 140 miliardi di Btp e Bot in liquidità al servizio delle imprese e delle famiglie (vedi mutui). Guai a sprecare l’ultimo aiuto in arriva da herr Draghi: anche i miracoli non possono essere infiniti.