L’effetto congiunto della diminuzione dei tassi d’interesse a lungo termine, della svalutazione dell’euro e del crollo del prezzo del petrolio varrà per il Pil italiano un +2,1% nel 2015 e un + 2,5% nel 2016. E’ la stima del Centro studi di Confindustria, che martedì era stata anticipata sia pure in termini più prudenti da Fabio Panetta, vicedirettore della Banca d’Italia, che aveva parlato di un +1% rispetto alle stime. Abbiamo chiesto un commento al professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Come legge l’aggiornamento sul Pil italiano diffuso ieri da Confindustria?

La Congiuntura flash del Centro Studi di Confindustria ci dice che la somma del prezzo del petrolio,dei tassi d’interesse più bassi favoriti dalla Bce e del miglioramento del commercio mondiale atteso, produrrà per l’Italia un 2,1% aggiuntivo nel 2015 e un 2,5% nel 2016. Questi dati vanno ad aggiungersi alle stime precedenti, che erano pari allo 0,5% nel 2015 e all’1,1% nel 2016.



In concreto che cosa significherebbe?

L’economia italiana si troverà ad avere una crescita del 2,6% nel 2015 e del 3,6% nel 2016. Se questo scenario sarà confermato, i problemi di rientro dal debito si faranno meno stringenti. Un rapporto deficit/Pil favorevole è più facile da raggiungere se avremo un denominatore che cresce così tanto. In questo modo sarà facile conseguire gli obiettivi di bilancio che già erano stati allentati dai margini di flessibilità.

A quel punto l’Ue ritratterà sulla flessibilità?

E’ difficile tornare indietro dopo che poche settimane fa la Commissione Ue ha consentito dei margini di manovra più flessibili. Il 2015 potrebbe comunque essere l’anno che, se dovessero andare in porto tutte queste previsioni e aspettative, non solo segnerà la svolta per l’Italia ma anche per l’intera Eurozona.



Come valuta invece le dichiarazioni del vicedirettore di Bankitalia, Panetta?

L’ultimo bollettino di Bankitalia prevedeva un Pil pari a +0,4% nel 2015 e a +1,2% nel 2016. Ora Panetta ha dichiarato che queste stime saranno riviste alla luce dell’impatto positivo del Quantitative easing. Non ci sono però solo il Quantitative easing e il cambio euro/dollaro, ma anche degli elementi di economia reale che stanno emergendo. Il calo del prezzo del petrolio nel 2015 aiuterà il nostro Paese, e alcune misure come la nuova legge Sabatini stanno dando un impulso formidabile alla ripresa della domanda d’investimento.

Questo impulso può essere calcolato?

Per quanto riguarda i soli macchinari utensili, nel quarto trimestre 2014 gli ordini sul mercato interno italiano sono cresciuti del 18,8% rispetto allo stesso periodo del 2013. La nuova Sabatini sta innescando una serie di ordini che non appena si trasformeranno in produzione genereranno nuovo Pil. Sarà molto interessante vederne l’effetto congiunto insieme a fattori monetari internazionali. Certamente non si tratterà di un Pil che esplode come un razzo, ma rafforza le aspettative di un consolidamento delle prospettive di ripresa nel 2015.

 

Il quantitative easing si infrangerà contro i crediti deteriorati delle banche?

Il tema della sistemazione dei crediti deteriorati in Italia è certamente cruciale: aumentano le sofferenze e bisognerà senz’altro intervenire. La stessa ristrutturazione delle banche popolari nasce dal fatto che queste negli ultimi anni hanno soprattutto distrutto capitale del territorio invece che valorizzarlo. Si sono registrati dei crolli di valore da parte di queste banche che portano la loro capitalizzazione di Borsa in rapporto al valore netto della banca stessa su valori che sono tra i più bassi in Europa.

 

Che cosa si può fare perché le misure della Bce portino a un effettivo superamento del credit crunch?

La vera domanda è se effettivamente ci sia tuttora un problema di credit crunch o se si tratti piuttosto di un’assoluta assenza domanda di credito sana. Si può fare di tutto per agevolare l’erogazione di credito, ma se si presenta un richiedente che non è attendibile, la banca sta usando i soldi dei nostri risparmi. Spesso le polemiche giornalistiche contro le banche non tengono conto di questo fatto, e quindi noi come cittadini risparmiatori dovremmo essere consapevoli del fatto che le banche devono dare i soldi a chi offre garanzie di poterli restituire.

 

(Pietro Vernizzi)