Ha redatto l’indice Ghini, Corrado Ghini. Lo statistico italiano così misura la diseguaglianza di una distribuzione. L’indice viene usato per individuare la concentrazione della diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. Il massimo della diseguaglianza fa uno, l’uguaglianza fa zero.
I legislatori italiani fanno ancora meglio, la diseguaglianza la eliminano. Con una norma annullano i privilegi di censo vietando a poveri e ricchi di dormire sotto i ponti. La magistratura sentenzia i renitenti alla norma mostrando, urbi et orbi, come la legge sia uguale per tutti. E questa è fatta.
Ricchi e poveri insomma stiano in campana, non potendo più dormire sotto i ponti avranno altro da fare. Così quando tra quel che Ghini misura e l’Ocse indaga sembra scorgersi come proprio la diseguaglianza sociale nella redistribuzione delle ricchezze, all’interno di una società sempre più bipolarizzata, avrà fino al 2040 un impatto sulla crescita pari a un -0,35%.
Ci risiamo, quella diseguaglianza, brutta e cattiva, cacciata dalla porta rientra dalla finestra. L’etica, corroborata dalla morale, sbraita; l’economia dei consumi invece va oltre, non misura l’eguale, misura l’equo e rifà i conti: se per migliorare la capacità produttiva l’impresa riduce il lavoro e il costo di quel lavoro, quelli che ancora lavorano fanno di più a meno, i consumatori addirittura acquistano ben oltre il bisogno e tutto questo fare viene condito con politiche monetarie lasche che hanno alterato i prezzi e rifocillato il debito, beh…allora onore al merito ma senza spocchia. Sì, perché l’alta resa produttiva di ogni singolo tizio ha squassato l’intero.
Già, in un sistema produttivo circolare e continuo se la produttività dell’intero non fa premio sulla produttività dei singoli agenti che vi operano salta il banco. Così incastrati dalla crisi occorrerà rifare quei conti fatti un tempo per trovare un’equità più acconcia al tempo presente. Equo è quel remunero che paga in forza del contributo fornito dal fare produttivo dagli agenti economici alla generazione della ricchezza: a contributo dispari non può esservi contribuzione para.
Pari e dispari, altro che uguali, perché la crescita, vieppiù la ricchezza, si fa con la spesa. Se questa spesa trova equo ristoro, ristora pure la produzione e il lavoro. Un sistema circolare di tal fatta dovrà trovare spinta per dare continuità al ciclo. Quelli della spesa la danno, spinti faranno pure gli altri a seguire.