«Il futuro dell’euro non dipenderà né dalle elezioni politiche in Grecia, né dall’ingresso della Lituania. A deciderlo saranno i tre Paesi fondatori, Italia, Francia e Germania, e la vera svolta arriverà con il voto anticipato di primavera nel nostro Paese». È la previsione del professor Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega nord, in prima linea per chiedere l’uscita dell’Italia dall’euro.
La Grecia va alle elezioni anticipate. Come valuta questo fatto?
La situazione in Grecia purtroppo è il sintomo di come un Paese si meridionalizzi molto in fretta nel momento stesso in cui comincia a ricevere flussi di denaro dall’estero. Fatta eccezione per Alba Dorata, non mi risulta che in Grecia ci siano partiti che abbiano in programma l’uscita dall’euro. Tutti vogliono più aiuti dall’Europa, che dal loro punto di vista possono essere anche giustificati ma che non risolvono il problema alla radice. Tsipras nello specifico vuole rimanere nell’euro ma non sostenerne i costi. Ciò significa che i soldi versati dall’Italia alla Grecia per via del Fondo Salva-Stati non saranno ripagati e che anzi dovremo aggiungerne degli altri.
Quindi la battaglia della Lega nord in Italia non ha punti in comune con quella di Tsipras in Grecia?
Assolutamente no. La Lega nord non chiede che l’Italia riceva un solo centesimo dagli altri Stati. Noi vogliamo che l’Italia sia libera, padrona a casa propria e che non debba dire grazie a nessuno. Tutto ciò che chiediamo è di uscire dall’euro, per il resto non pretendiamo nulla dalla comunità internazionale. Tsipras al contrario vuole rimanere nell’euro e chiede altri soldi alla Comunità internazionale. Siamo proprio su due versanti opposti.
Dal primo gennaio la Lituania entrerà nell’Eurozona. Significa che l’euro è in buona salute?
La Lituania finirà vittima dei suoi governanti come è avvenuto in passato anche all’Italia. Non a caso tra il 2009 e il 2014 il lituano Algirdas Šemeta è stato Commissario Ue prima per la Programmazione finanziaria e il bilancio e poi per la Fiscalità e Unione doganale. Šemeta ha svenduto il suo Paese per ragioni di prestigio personale, esattamente come fece all’epoca Prodi. Per un po’ i lituani saranno felici perché beneficeranno dei prestiti Ue, per poi pagare il conto esattamente come gli altri.
Perché allora Draghi elogia la Lituania come modello per gli altri Paesi?
Draghi deve difendere a tutti i costi la religione dell’euro perché ne è il sommo sacerdote. Ogni nuovo “convertito” che entra nella sua “chiesa” è accolto con il tappeto rosso.
Alla luce di queste valutazioni, quale futuro vede per l’euro nel 2015?
Il futuro dell’euro non dipende né dalla Grecia, né dalla Lituania, ma soltanto dai tre Paesi “fondatori”: Italia, Francia e Germania. Il 2015 potrebbe essere l’anno in cui in uno di questi tre Paesi succederà qualcosa. Io sono convinto che in Italia si terranno le elezioni anticipate in primavera. Se gli italiani si svegliassero veramente, potrebbe essere proprio loro a determinare la fine dell’euro. Bisogna vedere se i nostri cittadini avranno il coraggio di mandare a casa Renzi e di mettere al governo i partiti anti-euro.
E quale sponda potrebbero trovare questi partiti in Francia e Germania?
In Francia c’è il Front National, partito di maggioranza relativa, che sarebbe la nostra sponda principale anche perché Parigi ha interessi paralleli a quelli dell’Italia. È vero che ci sono dei crediti incrociati anche tra Italia e Francia, ma Parigi deve dei soldi soprattutto a Berlino. In Germania ci sono inoltre partiti come Alternative fur Deutschland con cui vale certamente la pena aprire un dialogo.
(Pietro Vernizzi)