Dopo il tracollo di lunedì, ieri le Borse europee hanno segnato un mini-rimbalzo. In Europa il petrolio statunitense di qualità Wti è a quota 48,6 dollari per barile, dopo avere toccato il minimo dal 2009. Lo spread Btp-Bund è a 134 punti base, con un rendimento dei titoli di Stato italiani al 2%. Abbiamo chiesto un commento a Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
Quali sono le cause dell’andamento delle Borse di questi ultimi giorni?
Se in Grecia le elezioni dovessero diventare l’occasione non tanto per una rivincita di partito, ma per esprimere un’insoddisfazione dei cittadini nei confronti delle manovre di austerità che sono state imposte, ciò metterebbe tutti in allarme. Se si rimettono in discussione i piani di austerità economica in Grecia, allora è possibile che lo stesso avvenga anche in Spagna e Italia.
Per Der Spiegel il governo tedesco non vedrebbe in modo sfavorevole un’uscita della Grecia dall’euro in caso di vittoria di Tsipras. Sarebbe un fatto indolore o avvierebbe una reazione a catena?
L’articolo del Der Spiegel è un esempio imbarazzante di come la politica tedesca in questo momento non comprenda ancora le conseguenze delle sue decisioni. Il ministro dell’Economia, Wolfgang Schauble, tre giorni fa ha dichiarato testualmente che in questa fase i mercati avrebbero assorbito senza particolari traumi la prospettiva di un’uscita della Grecia dall’euro. Si adombrava così che l’operazione si potesse compiere senza grossi scossoni. Dopo di che tra lunedì e martedì le Borse sono andate in altalena.
E quindi?
Se la Grecia esce dalla moneta unica, i mercati immediatamente incominciano a pensare che la situazione di tutta l’area dell’euro possa diventare di nuovo problematica. La morale comunque è che la Germania ha sbagliato ancora.
Quali conseguenze avrebbe per l’Italia un’uscita della Grecia dall’euro?
Un’uscita della Grecia dall’euro avrebbe conseguenze per l’Europa e quindi anche per l’Italia. Nell’ipotesi estrema di un ritorno alla dracma, che si svaluterebbe ulteriormente, ripagare il debito per Atene diventerebbe assolutamente impossibile. Avremmo così la nostra piccola Argentina in Europa.
In quel caso come conseguenza anche il debito dell’Italia potrebbe diventare meno garantito?
No, si tratta di due paesi diversi e non è quello il punto. In questo momento il debito dell’Italia non è direttamente in discussione, quello che può verificarsi è un effetto di contagio. Nell’articolo del Der Spiegel di cui parlavamo prima si passa da una teoria del contagio, tale per cui se cade la Grecia è un problema di tutta l’Europa, alla teoria dell’anello debole. In base a quest’ultima l’Europa è forte e c’è un anellino debole che si chiama Grecia: per Der Spiegel se togliamo quest’anello l’Europa diventa fortissima.
È una teoria che la convince?
Niente affatto, quella del settimanale tedesco è semplicemente una teoria sbagliata. L’unica cosa sensata che in questa fase potrebbe fare la Germania sarebbe tornare sui suoi passi in modo diplomatico e rinegoziare il debito di Atene. La Grecia è un Paese che pesa per una percentuale irrisoria sull’economia europea, e la Germania ha gli strumenti per impedire che Atene dia inizio una reazione a catena.
Quali conseguenze ha avuto il fatto che non si sia intervenuti prima?
La conseguenza è che siamo in ballo ormai da cinque anni per via della crisi greca. È una situazione della quale all’inizio è stata responsabile Atene, ma che se si fosse fatto ricorso all’intelligenza politica era sanabile senza danno per nessuno. A distanza di cinque anni ci troviamo invece al punto di partenza. Abbiamo buttato via cinque anni di sacrifici, in tutta l’Europa e in Italia in particolare.
Alla luce di questa situazione, Tsipras ha il coltello dalla parte del manico?
Non userei questa espressione, perché non è questione di avere il coltello dalla parte del manico. Le politiche di austerità in Grecia, soprattutto per i ceti con basso reddito, hanno creato una situazione da Dopoguerra. La gente non si cura, i negozi chiudono, Atene è in molti quartieri una città fantasma. L’uso politico che si fa di questo voto dipende dalle persone che lo promuovono, cioè dal partito Syriza, ma il malcontento che c’è dietro è reale.
Quindi non è questione di destra o sinistra?
No. Non dimentichiamoci che in Grecia c’è Alba Dorata, in Spagna e in Germania stanno rinascendo i movimenti neo-nazisti. È una situazione molto delicata in cui occorre una leadership autentica che sappia guardare lontano. Se la Germania si illude di contenere le ondate xenofobe al suo interno buttando fuori la Grecia si sbaglia di grosso.
Tsipras ha detto che non vuole uscire dall’euro, ma solo rinegoziare il debito. È un tentativo che può avere successo?
La questione di fondo è che le politiche di austerità sono sbagliate. Per ripagare il debito occorre che un Paese riprenda a crescere. È come se ci fosse un lavoratore che prima poteva pagare i suoi debiti perché aveva uno stipendio: nel momento in cui resta disoccupato la sua capacità di saldarlo è minore di prima. Dobbiamo ridare voce e spazio alla crescita in tutti i paesi, Grecia e Italia in particolare.
(Pietro Vernizzi)