“Alcune azioni prese a livello di politica fiscale dall’Italia non sono in linea con le raccomandazioni generali” di Bruxelles che ha chiesto al nostro Paese di spostare il carico fiscale dal lavoro verso patrimonio e consumi. Lo ha affermato il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, nel corso di un incontro ristretto con la stampa. Intanto con la manovra si è disinnescata una clausola di salvaguardia che avrebbe fatto scattare aumenti per accise e Iva da 16,8 miliardi. Restano però altre clausole simili per 33 miliardi relative a 2017 e 2018. Il commissario straordinario alla revisione della spesa, Yoram Gutgeld, in un’intervista al Corriere ha affermato che “per capire meglio gli obiettivi numerici precisi, dobbiamo prima vedere la crescita effettiva”. Ne abbiamo parlato con Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore.



Come andrà a finire la partita europea sulla legge di stabilità?

Ci sono alcuni elementi di forza del governo Renzi nei confronti dell’Europa. Il ministro Padoan ha una larga esperienza dei consessi internazionali e questo spiana la strada del negoziato. L’Italia inoltre è percepita come un Paese che ha fatto molte riforme. Il Jobs Act in particolare è stato molto apprezzato all’estero, ma anche la stessa abolizione del bicameralismo perfetto ha un impatto sul sistema economico in quanto snellisce il processo di approvazione delle leggi.



La manovra ha anche degli elementi di fragilità?

Sono molteplici. Gutgeld ha affermato che nel 2016 il debito potrà comunque scendere. Quello del debito è uno degli elementi più difficili in questo negoziato. La prevista diminuzione del debito è agganciata a una ripresa dell’economia e dell’inflazione, elementi entrambi molto aleatori. Gutgeld afferma che anche con un’inflazione vicina allo zero il rapporto debito/Pil inizierà a scendere, ma io non ne sono affatto convinto.

Per quali motivi?

Per Gutgeld basterà una crescita nominale dell’1,7%, ma anche questo obiettivo è veramente tutto da conquistare. Molte previsioni che riguardano l’espansione internazionale volgono al ribasso. È vero che l’Italia è tra i Paesi che dovrebbero crescere di più, e qualcuno azzarda la previsione che supereremo la stessa Germania. Il contesto internazionale sul dato dell’inflazione non è favorevole, nonostante il Quantitative easing della Bce. L’Italia in particolare non riesce a uscire dalla deflazione, e quindi le previsioni di Gutgeld sono davvero molto azzardate.



Quindi la Commissione Ue promuoverà o boccerà la manovra?

La Commissione Ue inserirà sicuramente nelle raccomandazioni un giudizio formale sulla legge di stabilità italiana. Ci richiamerà quindi rispetto alla scelta di non incidere sul carico fiscale sul lavoro, bensì soltanto sulle imposte immobiliari. Queste critiche saranno ribadite, anche se non credo che significherà una bocciatura della nostra legge di stabilità.

 

Che cosa si aspetta invece dal voto in Parlamento?

La legge di stabilità doveva essere approvata dal Parlamento e trasmessa alla Commissione Ue entro il 15 ottobre, mentre in realtà il testo non c’è ancora. Nel frattempo le tasse su ville e castelli, di cui Renzi aveva annunciato l’abolizione durante una conferenza stampa, tornano a esserci.

 

Che cosa comporta questo cambiamento fuori tempo massimo?

Dal punto di vista della pratica legislativa è un cattivo segnale. Ciò però dimostra come tra Renzi e la minoranza del Pd ci sia una sorta di trattativa strisciante, per cui provvedimenti previsti e annunciati spariscono prima che il testo sia inviato a Parlamento e Quirinale. Non mi meraviglierei quindi se per esempio domani si decidesse anche di alzare il tetto dell’uso del contante a 2mila euro, anziché 3mila.

 

Uno dei capitoli più spinosi è quello delle clausole di salvaguardia. Senza tagli significativi alla spesa, come è possibile risolvere questo problema?

Per il 2016 sono cancellati 16,8 miliardi di clausole di salvaguardia. Nello stesso tempo è disinnescata una quota delle clausole di salvaguardia da 54 miliardi che erano già previsti per il 2017 e il 2018. Con una legge di stabilità espansiva e a deficit, disinnescare clausole di salvaguardia per 33 miliardi nel biennio successivo è comunque una grossa ipoteca sugli anni prossimi. È quindi un elemento di difficoltà in più.

 

(Pietro Vernizzi)