La legge di stabilità è approdata ieri in Senato per la discussione e l’approvazione. Sulla manovra 2015 incombe una doppia incognita. Da un lato c’è l’esame da parte della Commissione Ue, il cui vicepresidente Valdis Dombrovskis nei giorni scorsi ha sottolineato che “alcune azioni prese a livello di politica fiscale dall’Italia non sono in linea con le raccomandazioni generali”. L’Europa infatti aveva chiesto al nostro Paese di spostare il carico fiscale dal lavoro verso patrimonio e consumi, mentre il governo italiano ha preferito tagliare le tasse sulla casa. Dall’altra la battaglia iniziata ieri in Parlamento si preannuncia tutt’altro che semplice. Non a caso il presidente del consiglio Renzi parlando a “Otto e mezzo” ha fatto sapere di essere pronto anche alla fiducia sul limite del contante a 3mila euro. Ne abbiamo parlato con Nicola Rossi, docente di Analisi economica all’Università Tor Vergata di Roma ed ex deputato prima del Pd e poi del Gruppo Misto.
Professore, che cosa ne pensa delle critiche di Dombrovskis alla legge di stabilità?
L’Ue non può dirci quali imposte effettivamente ridurre e quali no. Quella del vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, è una raccomandazione ma rimane tale. Non penso che questo argomento possa portare a una bocciatura della legge di stabilità, in quanto non stiamo parlando dei saldi. Ho l’impressione che l’Ue confermerà la sua opinione sugli alleggerimenti fiscali, ma questo non genererà un no alla manovra. La legge di stabilità andrebbe respinta invece per un altro motivo: per un Paese con un debito elevato come l’Italia, fare una manovra a deficit è un grave errore.
Alla fine quindi la Commissione Ue approverà la nostra legge di stabilità senza problemi?
Non è così ovvio che la Commissione Ue approvi lo sforamento dello 0,2% legato alle spese per i migranti, in quanto si tratta di decisioni che non sono ancora state assunte. Su tutto il resto la Commissione Ue si è orientata ad accettare l’impostazione del governo italiano, ma vorrei vedere fino in fondo quale sarà l’esito del negoziato.
Come andrà a finire invece la partita in Parlamento?
La caratteristica fondamentale di questa legge di stabilità è il fatto di essere frantumata in numerosi piccoli provvedimenti, destinati ai segmenti più diversi dell’elettorato. Proprio per questo ho l’impressione che la discussione in Parlamento non sarà affatto facile. Naturalmente tutti coloro i quali penseranno di non avere ottenuto nemmeno quel “pensierino” che si aspettavano faranno lobby per ottenerlo. Quindi è probabile che alla fine la legge di stabilità esca ancora più sfrangiata di quanto non sia in partenza.
Nella manovra ci sono 5 miliardi di tagli di spesa, ma restano 33 miliardi di clausole di salvaguardia da disinnescare. Come risolviamo questo problema?
È questa la vera questione di fondo, e penso che dovrebbe essere anche la maggiore preoccupazione da parte della Commissione Ue. Abbiamo sterilizzato le clausole di salvaguardia per il 2016 sostanzialmente a debito. Questa è un’operazione che, qualora fosse stata fatta da un privato, sarebbe stata definita una “piramide finanziaria”. Noi stiamo coprendo le clausole di salvaguardia con altre clausole di salvaguardia. Non è una cosa accettabile, prima o poi qualcuno ci chiederà di pagare il conto, e naturalmente più questo momento viene rinviato più tenderà a essere doloroso e pesante.
Che cosa potrebbe succedere?
Si ricorda quello che è successo nel 2011? A un certo punto l’Italia è stata messa nell’angolo e abbiamo fatto una serie di cose che ci eravamo rifiutati di compiere negli anni passati. Tutto ciò ha avuto un costo sociale e politico molto elevato. È esattamente per questo motivo che, se quest’anno le cose vanno appena un po’ meglio, bisognava con un po’ di prudenza mettere fieno in cascina anziché spendere anche ciò che non abbiamo. È una legge di stabilità caratterizzata dall’imprudenza e dominata da una logica politico-elettorale.
Rischiamo un nuovo 2011?
No, non è detto che ci sia una situazione come quella del 2011, ma continuando su questa strada l’aggiustamento andrà fatto quando le condizioni lo renderanno più difficili. È un classico italiano.
(Pietro Vernizzi)