Al Consiglio della Banca centrale europea (tenuto a Malta il 22 ottobre) è stato deciso di mantenere i tassi d’interesse inalterati e che nel prossimo dicembre il principale organo di governo dell’istituzione esaminerà cosa fare perché l’andamento dei prezzi muti rotta e da segnali di deflazione riprenda a mostrare una ripresa dell’inflazione e della crescita dell’economia reale. Il Presidente della Bce, Mario Draghi, ha aggiunto, nella conferenza stampa che ha fatto seguito alla riunione del Consiglio, che manterrà il programma di Quantitative easing di acquisto di titoli pubblici e, se necessario, lo estenderà oltre il settembre 2016 attualmente previsto. Le Borse hanno salutato positivamente le conclusioni del Consiglio e le parole di Mario Draghi; a Piazza degli Affari, il principale indice è aumentato del 2% nel giro di poche ore, lo spread è sceso al di sotto dei 100 punti, ma i Btp a due anni hanno segno negativo, un’indicazione che il fantasma della deflazione si aggira ancora sui mercati.



Ma va tutto bene in casa Bce e dintorni? Oltre alle solite scaramucce tra nordici rigoristi e mediterranei più “flessibilisti”, le critiche all’istituto stanno crescendo, anche se la stampa italiana non ne parla – forse , dicono i maligni, perché la Banca è guidata da un italiano.

Proprio alla vigilia della riunione Bce a Malta, a Roma nei saloni di Palazzo Sciarra, l’economistaWilliam R. White ha tenuto, il 20 ottobre, l’annualeMarco Minghetti Lecture a ricordo del ministro delle Finanze del nascente (ed economicamente dissestato) pareggio di bilancio nel 1875. Come ogni anno, la lecture è promossa dall’Istituto Bruno Leoni. William R. White, nato in Gran Bretagna e naturalizzato canadese, è figura di non poco rilievo, che vanta una brillante carriera alla Bank of England, alla banca centrale del Canada (di cui fu vice governatore), nonché alla Banca dei regolamenti internazionali e all’Ocse. Ha predetto, con anni di anticipo, la crisi finanziaria scoppiata nel 2007. Persona, quindi, che vale la pena ascoltare nel modulare la politica economica.



L’aspetto centrale della lecture è una rigorosa critica all’utilizzo della mano monetaria per stimolare la ripresa. Quindi anche del Qe. Come si è spesso sostenuto su queste pagine, per riprendere a crescere occorre ristrutturare il debito sovrano, una palla di piombo al piede dell’Eurozona. White fornisce varie indicazioni su come farlo e aggiunge che la strategia “taglia debito” deve essere accompagnata dalla ricapitalizzazione di numerose banche di grandi dimensioni. In secondo luogo, occorre perseguire “riforme strutturali” (ossia che incidano sulle strutture economiche per aumentare produttività e competitività). Tali riforme riguardano principalmente il settore dei servizi e le professioni. 



I Paesi con surplus strutturali nella bilancia commerciale (non solo la Germania) devono attuare riforme microeconomiche per accentuare la concorrenza. Sono urgenti investimenti in infrastrutture: un terzo dei ponti ferroviari tedeschi risale alla Prima guerra mondiale. Occorre, poi, capire perché gli investimenti privati in Paesi avanzati a economie di mercato sono giunti a livelli così bassi (rispetto al passato) e proporre misure per aumentarli (ad esempio, in materia di tariffe). Solo in contesto come quello delineato, le misure monetarie incidono positivamente.

Molto più severo nei confronti della Bce Jörg Bibow del Bard College (la roccaforte “minskiana”, la scuola del seguaci di Hyman Minsky, uno dei maggiori studiosi delle crisi economiche e finanziarie). Nel Working Paper No. 845 (provocatoriamente intitolato “Il Salvatore dell’Europa? Valutazione della Bce nella gestione delle crisi ed il potenziale per intervenire nei dissesti bancari”), dopo avere esaminato i vincoli istituzionali entro cui opera la Bce, conclude che nelle difficoltà in cui l’area dell’euro si dibatte da anni l’istituzione ha fatto troppo poco e troppo tardi per impedire che l’eurozona cada in una prolungata recessione e sia sulle soglie della deflazione. L’analisi giudica eccessivamente ottimistiche le previsioni che le misure recenti – come il Qe – abbiano effetti positivi.

Ancora più duri due economisti dell’Università di Atene, Thanassis Kazanas e Elias Tzavalis. In un saggio pubblicato su “Economica”, una delle più autorevoli riviste scientifiche europee, utilizzando una strumentazione quantitativa concludono che la Bce segue una “politica monetaria asimmetrica”, che si preoccupa più dell’inflazione che della crescita come dimostrato dalla caduta dell’inflazione ben al di sotto degli obiettivi indicati nei trattati: “Le reazioni della Bce ad andamenti negativi dell’output in un contesto di bassa inflazione non riducono gli effetti di una domanda aggregata negativa e degli shock finanziari sull’attività economica“.

Perché in Italia questi contributi non arrivano e non servono a innescare un dibattito?