Oggi e domani la Federal Reserve è riunita per decidere se alzare i tassi d’interesse, ma i mercati non si aspettano una mossa sui tassi almeno fino a dicembre. L’attesa è piuttosto sulle indicazioni che potrebbero emergere dal resoconto della Fed.

Amin Rajan, amministratore delegato della società di consulenza britannica Create-Research, dice a IlSussidiario.net che i responsabili delle scelte di politica monetaria non possono fare nulla per evitare lo scoppio della prossima crisi perchè hanno già usato tutto quanto in loro potere, dai tassi d’interesse al quantitative easing. Inoltre hanno salvato le banche e dato sussidi all’industria. Ma il debito è ingestibile e in continua crescita, quindi non si può escludere un’altra crisi.



“La prossima crisi finanziaria sarà diversa e peggiore di quelle viste finora, ma i policy-makers non avranno più strumenti a disposizione per arginarla perchè hanno usato già tutto: politica monetaria e politica fiscale sono state spinte all’estremo,” dice Rajan. Il problema è strutturale: per ridurre il debito “le banche centrali lo stanno aumentando nel tentativo di dare stimoli all’economia,” spiega Rajan, che è anche visiting professor presso il Centre for Leadership Studies della Università di Exeter e Fellow presso la Said Business School dell’Università di Oxford.



Il debito continua a crescere perchè i banchieri centrali ricorrono a ulteriori iniezioni di denaro nel sistema per stimolare l’economia. La scorsa settimana il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha detto che la Bce potrebbe estendere il suo programma di quantitative easing oltre la scadenza di Settembre 2016, se necessario. E potrebbe tagliare il tasso sui depositi bancari se il rallentamento economico dei mercati emergenti diventasse una minaccia per la ripresa dell’eurozona. Al momento, la BCE sta comprando debito, soprattutto governativo, a un ritmo di programmato di 60 miliardi di euro al mese e continuerà a farlo almeno fino alla scadenza prevista. Le probabilità che questo programma d’acquisto di obbligazioni governative vada avanti oltre la data prefissata sono aumentate dopo che la banca centrale ha rivisto al ribasso le stime sull’inflazione nell’Eurozona per il 2016 e 2017. Questo orientamento, come quello di altre banche, per esempio la People’s Bank of China e la Bank of England, non fa che aggiungere pressione sulla decisione della Fed.



Alla domanda se ci sarà un altro round di quantitative easing da parte della Fed prima di tagliare i tassi Usa, Rajan risponde che sarebbe necessario, ma la banca centrale americana non lo farà per “crescenti timori di azzardo morale”. In altre parole, perchè molti membri della Fed pensano che ci sono un sacco di “zombie borrowers”, cioè famiglie ed aziende indebitate che “sopravvivono solo grazie al credito a basso costo”. Per esempio, “l’80 per cento degli americani spende il 120 per cento delle proprie entrate ogni anno,” aggiunge Rajan. Una situazione insostenibile. Ecco perchè la Fed non può continuare a pompare denaro nel sistema e creare altri “zombie”. Invece in Europa la Bce potrebbe avviare un secondo round di Qe, “se quello attuale non sarà sufficiente a stimolare la crescita e ad alzare le attese sull’inflazione,” dice Rajan.

La Fed ha fatto bene a non alzare i tassi d’interesse a Settembre per due motivi: bisogna prima vedere se la crisi dei mercati emergenti si risolve e se la crescita dell’economia statunitense si consolida. Per quanto riguarda la crisi dei mercati emergenti, Rajan sottolinea che la dimensione del debito globale espresso in dollari è una bomba ad orologeria che potrebbe rappresentare un grave problema per questi mercati. “Sugli Stati Uniti pende un debito enorme e fuori dagli Stati Uniti c’è qualcosa come $9 trilioni di debito di aziende che sono principalmente nei mercati emergenti,” spiega. Inoltre, solo il 5 per cento dei profitti di queste compagnie è in dollari, mentre il resto è espresso in altra valuta. “Se tutto il loro debito è in dollari, ma solo il 5 per cento dei profitti lo è, dove troveranno queste aziende il resto dei dollari per ripagare il loro debito?”, si chiede Rajan.

Ma anche il tasso di crescita dell’economia degli Stati Uniti genera dubbi: “Dobbiamo vedere se il tasso di crescita è reale o no perchè penso che l’America sia a una velocità di stallo.” Secondo Rajan la banca centrale americana deve avere maggiori certezze su una ripresa dell’economia globale prima di alzare il costo del denaro anche perchè “l’impatto psicologico di un rialzo dei tassi sarà enorme”. I cambi d’umore degli investitori sono violenti, come si è visto ad agosto, durante la giornata che i media hanno soprannominato “Lunedi Nero” per il crollo dei mercati borsistici cinesi e le pesanti ripercussioni globali. “Quando ha aperto [la Borsa di] New York, il Dow Jones è precipitato di 1000 punti,” dice Rajan, aggiungendo di conoscere molti investitori “con il dito sul grilletto delle vendite e pronti a premerlo se le cose vanno male.”