Una pubblicità del 1909 proclama: “Voglio costruire un’automobile per le masse, abbastanza grande per una famiglia, ma abbastanza piccola perché se ne possa servire una persona sola. Sarà costruita con i migliori materiali, dai migliori operai, sui disegni più semplici che possa immaginare l’arte dell’ingegneria moderna. Ma sarà di un prezzo così modesto che qualsiasi persona con un buono stipendio potrà comprarsela”.
Henry Ford lo dice a tutti, lo mette in atto nella sua impresa. Già dal 1914 aveva elevato la paga dei suoi dipendenti consentendo loro, in questo modo, di acquistare l’automobile che essi stessi producevano. Quelli che lavorano alla Ford arrivano a essere gli operai meglio retribuiti, con 8 dollari al giorno contro una media di 5,5 della concorrenza, pur lavorando un’ora in meno.
Bella trovata no? Ma…di fatto cosa fa? Trasferisce i guadagni di produttività già ottenuti nella “Ford Model T”, con la costante innovazione dei processi di fabbricazione, ai salari. Si garantisce la vendita di quel che ha prodotto. Chiude il ciclo produttivo in un tondo con dentro quelli che fanno la spesa. Questi, animati dal bisogno di avere l’auto, rassodati nel potere d’acquisto, spendono e fanno girare quel ciclo.
Capace, Henry, vede oltre il consueto. Smette di considerare la paga un costo, la converte in una risorsa. Se aumenta la produzione, aumentano le occasioni di acquisto: occorre avere una paga adeguata per fare quella spesa. Oggi i capaci, tutti sovraccapaci di capacità produttiva, guardano al lavoro come un costo da ridurre per non ridurre gli utili d’impresa. Cotanta allocazione delle risorse gonfia il mercato offrendo prodotti a chi ha più soldi da spendere che auto da acquistare e a chi vuole acquistarle ma non ha soldi da spendere. Se tanto mi da tanto, quelle auto, prodotte e non vendute, saranno ancor di più.
Altro che utili. Già, come fare utili con i soldi messi al pizzo da chi ha già l’auto e i soldi che mancano a chi vuole acquistarla? Le disparità nel potere d’acquisto accendono la miccia: la produttività del “fattore spesa”, garantito dalla politica fordista, esplode, cacciando fuori i consumatori dal ciclo. Tra le macerie di quella imbarazzante sovraccapacità, il “fattore capitale” latita, il “fattore lavoro” pure e con esso ancor di più il reddito, tanto che chi aveva messo i soldi al pizzo dovrà tirarli fuori per poter ancora fare la spesa.
Si sgretola la produttività totale dei fattori, proprio mentre quelle troppe auto non vendute arrugginiscono.