Un flusso continuo di denaro che proviene dalla vendita di petrolio, dalle donazioni di fondazioni semi-pubbliche e dagli stessi privati. E’ così che l’Isis finanzia l’acquisto delle armi con cui sta perpetrando distruzioni e massacri. A spiegarlo è Rony Hamaui, professore di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari all’Università Cattolica ed esperto di Finanza islamica. Il docente spiega che il Paese ad acquistare maggiori quantità di petrolio dal califfo Al-Baghdadi è la Turchia, mentre molte fondazioni saudite, ufficialmente private ma di fatto vicine allo Stato, erogano donazioni all’Isis. Per non parlare dei singoli cittadini, anche nei Paesi musulmani moderati, che simpatizzano per lo Stato Islamico e spesso regalano anche piccole somme.



Professore, come fa l’Isis a vendere il suo petrolio?

Si trova sempre qualche contrabbandiere disposto a fare da intermediario e poi a rivendere l’oro nero a qualunque altra autorità pubblica o privata. Il petrolio è una materia molto interscambiabile. E’ come cambiare dei dollari in euro: chi lo fa poi li può spendere dove vuole. Sappiamo che ci sono autobotti che viaggiano dalla mattina alla sera dai pozzi petroliferi del Nord della Siria alla Turchia e anche a Damasco. Insomma l’Isis vende l’oro nero anche al “nemico”.



Quindi Assad compra il petrolio dallo Stato Islamico?

Sì, e lo compra anche a un prezzo meno caro. Nella storia del resto non è la prima volta. Quando ci furono momenti di forte tensione tra Iran e Turchia, Teheran vendeva il petrolio ad Ankara grazie alle intermediazioni di banche di diversi Paesi. Del resto se si vendesse la benzina a 50 centesimi invece che a 1,40 euro al litro, molta gente non starebbe a guardare da chi la compra.

Il fatto che la Turchia acquisti petrolio dall’Isis significa che ci sono dei legami politici tra le due entità?

Difficile dirlo. Certamente Erdogan è un personaggio molto ambiguo, che con l’Isis ha giocato non solo sul fronte del petrolio ma anche lasciando passare dal suo territorio i foreign fighter provenienti dall’Europa. Gli stessi profughi oggi arrivano in Europa perché a un certo punto Ankara ha deciso di “scaricare il barile”. Tanto è vero che l’Ue ha stabilito un accordo in base a cui dà i soldi alla Turchia per consentirle di costruire i campi di accoglienza.



Ma il G20 non avrebbe dovuto fare chiarezza su tutte queste ambiguità?

Il G20 è stato una commedia degli equivoci. Il nemico principale dei turchi sono i curdi, a loro volta nemici dell’Isis. E come si dice, il nemico del mio nemico è il mio amico. Pur di combattere le truppe sciite, attraverso le sue fondazioni la stessa Arabia Saudita ha finanziato certamente l’Isis. L’intera situazione è caratterizzata dall’ambiguità. Tutti dicono di essere in guerra contro l’Isis, ma nella realtà la Russia combatte contro i nemici di Assad, gli Usa non sanno con chi allearsi sul terreno e l’Iran si rifiuta di aiutare i sunniti.

Le donazioni saudite all’Isis vengono da privati?

Si tratta di privati per modo di dire, perché in un Paese come l’Arabia Saudita la distinzione tra pubblico e privato è molto sottile.

 

Da quali altri Paesi vengono i finanziamenti all’Isis?

Dal Qatar e dagli altri Paesi del Golfo. Ma non escludo affatto che vengano anche da Europa e Turchia. Anche se i Paesi che fanno la parte del leone sono Arabia Saudita e Qatar.

 

Quanto sono numerose le persone, magari anche non benestanti, che erogano piccole somme di denaro all’Isis?

Difficile dirlo. Ritengo però significativo che ieri, durante il minuto di silenzio prima dell’amichevole in uno stadio turco, ci sia stato un gran numero di persone che si sono messe a fischiare. Una parte importante dell’opinione pubblica dei Paesi musulmani moderati non vede l’Isis di cattivo occhio, anzi vi identifica una sorta di rivincita nei confronti dell’Occidente.

 

Sul piano finanziario l’Isis come gestisce le sue risorse?

L’Isis è estremamente moderno per quanto riguarda le armi, la comunicazione di massa e il consenso. Ma è estremamente arretrato dal punto di vista dell’organizzazione statale che di fatto non esiste, o esiste in modo estremamente blando. Non pensi quindi a un governo e a una banca centrale, tutto è molto più semplice e barbaro.

 

(Pietro Vernizzi)

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