“Il Credito cooperativo è una ricchezza storica dell’economia italiana: il progetto di autoriforma messo a punto da Federcasse mi pare risponda in misura adeguata sia alle esigenze di tutela di un’infrastruttura creditizia di primo livello per i territori dell’Azienda-Italia, sia alle spinte di modernizzazione, al fine di rendere più competitivo il sistema delle Bcc”. Il senatore Anna Cinzia Bonfrisco, capogruppo di Conservatori e Riformisti a Palazzo Madama, venerdì ha ascoltato in presa diretta la relazione di Alessandro Azzi all’assemblea annuale delle 370 Bcc italiane. “L’ho trovata convincente e condivisibile – dice a IlSussidiario.net – soprattutto quando ha rilanciato con forza la biodiversità del credito cooperativo, il suo storico supporto alla piccola e media impresa italiana, il suo radicamento nella tradizione economica dell’Europa continentale”.



L’autoriforma – in attesa che il ministero dell’Economia tragga le sue somme in un decreto entro fine anno – prospetta novità importanti nel mondo delle Bcc. “Dopo la grande crisi finanziaria – osserva Bonfrisco – è inevitabile che il sistema finanziario cambi: deve cambiare, vuole cambiare. Per gli intermediari bancari è prioritario essere più solidi e stabili e più competitivi sul mercato. Lo chiede la nuova vigilanza europea e il mercato. Però ha perfettamente ragione il credito cooperativo italiano – anche quello delle Popolari – a rivendicare il suo ruolo, a pretendere di esplorare vie proprie nelle riorganizzazioni: a chiedere a Governo e Parlamento un rispetto effettivo della loro presenza nel sistema-Paese. Federcasse ha lavorato molto negli ultimi mesi per delineare una fisionomia nuova per il proprio movimento: nelle regole di governo societario e nell’evoluzione come gruppo. E’ un progetto di autoriforma che le autorità monetarie nazionalo devono valorizzare al massimo nella strategia di ripresa e difendere in Europa”.



I salvataggi bancari condotti negli ultimi giorni da governo e Banca d’Italia hanno riacceso voci polemiche sull’impatto della ri-regolazione finanziaria europea dopo la grande crisi: se n’è avuta eco chiara anche ieri a Milano, durante il confronto fra il capo della vigilanza Bce, Danièle Nouy, e i top manager della maggiori banche italiane.

Penso che alcune critiche non siano affatto infondate. La Germania – ma anche altri grandi paesi membri della Ue – subito dopo il 2008, ha varato salvataggi pubblici molto più gravosi dei quattro decisi ora dal governo. Oggi non avrebbe potuto destinare centinaia di miliardi di aiuti statali, mentre l’Italia – che praticamente non ha mai dovuto ricorrere al sostegno pubblico in campo bancario – si vede negare interventi come la bad bank, per alleggerire le banche dalle sofferenze creditizie. Ma quest’ultime non sono state provocate dall’eccesso di rischio della finanza derivata, ma dalla recessione indotta dalle dura austerity imposta dai paesi del Nord Europa a quelli mediterranei. Le banche italiane – soprattutto quelle più esposte verso il credito alle imprese dei territori come anche le Bcc – sono state per molti versi vittime dell’Europa, di regole elaborate troppo unilateralmente e troppo ispirate alla finanza anglosassone. E sono d’accordo con il presidente Azzi quando invoca una reale applicazione del principio di proporzionalità nella modulazione della regolamentazione. Non è possibile soffocare con standard di finanza di mercato banche che hanno una differente missione nell’economia: concedere credito alle imprese.



L’euro è stato pensato come primo vero banco di prova dell’Unione europea e il settore bancario avrebbe dovuto essere il primo il terreno di verifica della capacità europea di essere veramente integrata e armonizzata: dobbiamo parlare di fallimento?

Un parlamentare italiano non può non essere europeista. Però è giunto il momento di interrogarci su quale Europa volevamo, quale Europa ci ritroviamo e quale desideriamo ricostruire: perché proprio gli squilibri e le problematiche del mercato bancario ci dicono che l’Europa va almeno in parte ricostruita. I suoi statuti vanno in parte riscritti: e la regolamentazione bancaria è uno degli “statuti” più importanti in Europa. Bene ha fatto perciò Raffaele Fitto ad aderire ai Conservatori e Riformisti europei che hanno la posizione più coerente. Io e i miei colleghi Conservatori e Riformisti, sia nel Parlamento italiano che in quello europeo, siamo convinti che una finestra si stia aprendo a breve: il referendum britannico è l’occasione giusta. Non per dividere l’Europa, ma per ripensarla seriamante: esattamente come vogliono i conservatori europei.

 

(Antonio Quaglio)