Giuseppe Guzzetti non c’era, l’altra mattina in Cattolica a Milano, ad ascoltare Danièle Nouy capo della vigilanza Bce. Che ha parlato per esteso del nuovo ”meccanismo di risoluzione” per le banche in dissesto nell’eurozona: anche se non si è riferita in dettaglio alle quattro banche italiane (CariFerrara, CariChieti, Banca Marche e Banca Etruria) che poche ore prima avevano di fatto inaugurato l’applicazione delle nuove procedure. Il salvataggio ha preservato depositi e posti di lavoro – ha riconosciuto ieri anche il presidente dell’Acri, commentando favorevolmente il fatto che la “risoluzione” sia avvenuto senza oneri per i contribuenti. 



Tuttavia tre dei quattro riassetti hanno colpito duramente alcune delle 88 Fondazioni di origine bancaria: Ferrara, Jesi, Pesaro, Macerata e Chieti. Le partecipazioni detenute dagli enti in CariFe, Banca Marche e CariChieti hanno visto azzerarsi il loro valore: più di 400 milioni in tutto secondo gli ultimi bilanci. Una sorte non diversa hanno avuto i titoli azionari degli altri soci e le obbligazioni subordinate (un ibrido fra debito e capitale): nel complesso un conto di circa 800 milioni per il risparmio italiano, privato o “collettivo/sussidiario” come quello delle Fondazioni.



Si poteva evitare, così com’è stato neutralizzato il rischio (gravissimo) di chiamare in causa i depositi bancari oltre 100mila? Secondo Guzzetti sì, e la sua denuncia, ieri in una nota scritta, ha assunto toni tutt’altro che istituzionali quando ha definito ”ottusa” l’Ue. Nel senso di Commissione di Bruxelles: quella che ha inflessibilmente bocciato la proposta italiana iniziale di far intervenire il Fondo interbancario di garanzia dei depositi. A parità di impegno da parte del sistema bancario italiano, ma con un percorso meno traumatico della risoluzione: certamente per le Fondazioni bancarie. 



È stata fatale, com’è noto, l’ombra dell’aiuto pubblico: la stessa che impedisce all’Italia di far decollare una bad bank che – con semplice garanzia statale, senza erogazione di fondi – avvii la bonifica dei bilanci bancari italiani delle sofferenze accumulate da austerity e recessione. Ma perché il leader delle Fondazioni usa apertamente accenti più pesanti di quelli cui si sono spinti negli ultimi tempi gli stessi banchieri?

Non ha sorpreso gli addetti ai lavori che il comunicato Acri di ieri abbia sottolineato che il sistema delle Fondazioni “resta solido”. Dopo i casi Mps e Carige, in effetti, l’immagine degli enti – soprattutto di quelli in posizione di azionisti di controllo in banca – si era un po’ appannata. Altre sei Fondazioni – per quanto minori – non contribuiscono alla causa degli enti nati venticinque anni fa: benché le Fondazioni in crisi degli anni Dieci del ventunesimo secolo non siano le prime. Tutti gli enti un tempo azionisti delle banche del Sud (Banco Sicilia, Banco Napoli, Sicilcassa, Carical, Carisalerno, Caripuglia) hanno visto annientarsi i loro patrimoni con i dissesti delle loro banche conferitarie già alla fine del ventesimo secolo. 

Nell’autunno 2015 a Guzzetti – e non solo – resta comunque il sospetto che Ue e Bce abbiano voluto maramaldeggiare intenzionalmente, con un secondo fine: confermare a tutti i costi il teorema secondo cui le “strane” Fondazioni italiane siano “unfit” a essere azioniste di riferimento: dei campioni nazionali che hanno attivamente contribuito a costruire (UniCredit e Intesa Sanpaolo) così come dei futuri “campioncini” che potrebbero nascere dal nuovo riassetto in vista. Popolari obbligate a trasformarsi in Spa (esse pure in ossequio a una “dottrina Fmi” fatta propria dall’Ue) e messa in sicurezza di banche “risolte” o “da risolvere”: le Fondazioni potranno entrare nei nuovi noccioli duri, oppure saranno pressate a uscire perfino dai vecchi? O magari saranno giudicate sgradite anche nella Cassa depositi e prestiti?

E non è detto che un governo come quello guidato da Matteo Renzi – debole in Europa e dedito alla rottamazione dei “corpi intermedi” in Italia – volti la testa dall’altra parte se e quando la commissaria Antitrust – la danese Margarethe Verstagger – dovesse portare a sud delle Alpi qualche ennesimo diktat nordista sulle Fondazioni: ricalcato su quello che l’altro giorno Nouy ha riassunto di persona ai (grandi) banchieri italiani.

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