In una giornata nervosa per Piazza Affari, le Generali hanno fatto titolo: a metà seduta recuperavano il 2%, un po’ meno nel finale. Uno spunto che sarebbe passato inosservato – le Generali quotano solo il 2,8% in più di inizio anno – se non fosse stata collegata a una comunicazione del Financial Stability Board. La cabina di regia delle authority internazionali di vigilanza bancaria e assicurativa e di mercato – presieduta fino al 2011 da Mario Draghi – ha infatti tolto le Generali dalla lista delle cosiddette Sifi: le istituzioni finanziarie di importanza sistemica, “troppo grandi per fallire”.



Dai giorni del crac Lehman Brothers – che fallì nonostante fosse troppo grande e i risultati sul mercato furono più che disastrosi – le Sifi (individuate nel 2011) sono state dapprima prima aiutate in tutti i modi. Poi sono diventate oggetto di ri-regulation. Non solo le banche ma anche le assicurazioni (G-SII, Global Sistemically Insurer Insitutions): non è un caso che nella lista delle G-SII spicchi AIG, il gigante americano che nell’autunno 2008 per qualche giorno fece temere un crollo ingestibile per Wall Street.



Bene, ieri il Fsb ha aggiornato la lista delle GSII e le Generali ne sono uscite, mentre vi ha fatto il loro ingresso il colosso olandese Aegon. Perché Piazza Affari ha (moderatamente) festeggiato? Perché è assai probabile che già nel 2016 alle Sifi vengano imposti parametri di solidità patrimoniale rafforzati: un patrimonio di vigilanza incrementato del 10% per creare riserve utili ad assorbire potenziali perdite. Il Leone non dovrà farlo perché presenta dimensioni e struttura di bilancio diversi dalle componenti della “Global League”: Axa e Allianz (con i quali un tempo le Generali occupavano stabilmente tutti i podi europei delle polizze); le britanniche Aviva e Prudential, Aegon; le statunitensi Aig, MetLife e Prudential Financial; la cinese Ping An. Piazza Affari è soddisfatta: ma perché?



Le Generali dell’Ad Mario Greco non sono più certamente quelle saldamente controllate da Mediobanca e sono quindi in progressiva uscita da un network delle partecipazioni non strategiche in dissoluzione (da Telecom a Rcs). E il nuovo business plan ha ridisegnato la compagnia assai più come agenzia di servizi finanziari che come istituzione finanziaria a tutto tondo: il Fsb ha certificato una minor esposizione al rischio di mercato e quindi alle necessità di assorbimento di capitale. “Il nostro modello è Amazon”, ha sintetizzato qualche tempo fa Greco, che ha dato molta enfasi alla creazione di un a nuova figura di top manager: il chief data officer, che dovrà estrarre tutto il valore possibile dal big data commerciale presente nelle Generali. Basterà?

Greco ha promesso 5 miliardi di dividendo entro il 2018, dicendo che creare valore è l’unico modo per tenere a bada eventuali scalatori. Ma da ieri – oggettivamente – le Generali “non sistemiche” sono ancor più preda di quanto siano state anche durante il quarantennio del presidio di Enricco Cuccia. Ormai scomparso da anni, come il suo delfino Vincenzo Maranghi, così come il garante francese a Trieste, Antoine Bernheim.