Le elezioni regionali in Francia, indipendentemente dal risultato locale, devono portare l’attenzione sul fatto che masse crescenti di elettorato in tutte le 19 nazioni dell’Eurozona invocano un ritorno alla piena sovranità e che le restanti 9 dell’Ue che non partecipano all’euro mostrano la volontà di non farlo nel futuro e, alcuni, di dissociarsi dall’Ue stessa, per esempio il Regno Unito.



Chi fa scenari economici deve valutare il rischio di euroimplosione. Parecchi analisti scommettono sulla tenuta del sistema. Il loro ragionamento è che l’Eurozona si è trovata rigida di fronte alla crisi del 2008 perché le sue regole non la prevedevano e quindi ha risposto male e in ritardo alla domanda di interventi economici e monetari d’emergenza. Ciò ha creato il dissenso contro l’euro, amplificato dal fatto che molti governi nazionali hanno scaricato sull’Europa la responsabilità della loro inerzia. Ora che la ripresa comincia a farsi sentire il dissenso contro l’Europa dovrebbe, pensano, ridursi.



Trovo sensata questa analisi, ma l’architettura dell’Eurozona resta più un peso che una leva alla crescita economica. Se ciò continuasse, lo scenario di implosione diventerebbe più probabile nell’orizzonte temporale 2017-18, quando si terranno elezioni politiche in Francia, Germania e Italia. Per ridurre tale rischio sarebbero necessari aggiornamenti dell’eurosistema che lascino ai singoli Stati più spazio per politiche economiche espansive, considerando che uno di questi è la Germania dove il consenso è contrario a flessibilità che implichino aumenti dei debiti pubblici.

Altri fattori limitativi sono la difficoltà degli Stati nell’attuare riforme di efficienza e la quasi impossibilità di rivedere i trattati costitutivi dell’euro per eccesso di divergenza tra le nazioni. Potrà l’Eurozona ridurre il suo peso impoverente e grazie a questo sia contenere il dissenso che rendere più attraente l’euro al resto dell’Ue, pur Londra comunque a parte?



Recentemente è osservabile una revisione delle euroregole nella prassi, anche se non nella forma, in particolare a livello di Bce, che rendono l’Eurozona più flessibile e reattiva alle esigenze di stimolazione economica. Quindi è prevedibile un’Eurozona più amichevole. Resterà il problema di come dare un nuovo significato politico e ottimistico all’Ue.

Secondo me, questo arriverà dall’esterno, cioè dal trattato per la creazione di un mercato euroamericano (Ttip, ora in negoziazione) che implica un’Ue coesa. Ma devo avvertire che senza aggiustamenti nelle europrassi e senza accordo euroamericano né Ue, né euro hanno destino.

 

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