Pare, diciamo pare, che finalmente sia l’ultima volta! Come proclamato da tempo, si sta concretizzando uno dei piani strombazzati qua e là dal Governo, previsto dalla nascitura Legge di stabilità, ovvero la cancellazione, dalla lista delle centinaia di balzelli pagati dai contribuenti italiani, della Tasi per tutte le prime case e dell’Imu. Il valore della torta è di circa 4 miliardi di euro e l’abolizione di questo attivo di bilancio provocherà, addirittura, delle voragini nelle casse dei Comuni, che però l’esecutivo ha preannunciato di voler colmare. Tale provvedimento riguarderà anche l’abolizione della Tasi per gli appartamenti dati in comodato d’uso ai figli, il cui beneficio si potrà però usufruire, per un solo immobile. 



Quanto detto è il futuro: purtroppo rimane il presente, rappresentato dalla corresponsione del saldo, della seconda rata Imu e Tasi del prossimo 16 dicembre. Fra l’altro tale obbligo finanziario è stato definito dal premier Matteo Renzi, il «funerale delle tasse sulla prima casa». Un’affermazione energica, usata con un tono trionfalistico per fini meramente elettorali; e non è tutto: conviene rammentare, altresì, che l’ex Sindaco di Firenze si è impegnato a creare, entro breve, una tassa comunale unica, che assimilerà tutte le imposte, oggi in atto, la tanto celebrata Local Tax. 



Tornando all’immediato, la direttiva di massima a cui riferirsi per liquidare il saldo Imu-Tasi è la medesima dell’anno passato: si deve risalire (consultando i siti dei vari Comuni italiani su internet) alla delibera comunale in corso di validità (di solito quella da utilizzare per il 2015, anche se è stata emanata nell’anno precedente) e, nel caso in cui le aliquote siano cambiate rispetto a giugno, si effettua la compensazione, altrimenti la rata sarà uguale a quella già versata in sede di acconto. 

I Caf, in queste ore, stanno subendo come al solito, l’assalto delle persone, soprattutto anziane, che non sanno cosa fare o non si fidano delle norme e delle modalità, uguali agli anni passati, per il pagamento in banca o in posta e compilazione dei relativi modelli F24. È il solito trambusto, per non dire peggio, di fine anno: speriamo come detto, che sia la volta buona del compimento della parabola discendente e conclusiva della vicenda tasse sulle case di proprietà. 



Tuttavia, a proposito di Caf e più nello specifico di Patronati, la nuova Legge di stabilità in via di approvazione riserva per questi enti dei notevoli mutamenti dalle tinte melodrammatiche: già la Legge di stabilità del 2015 prevedeva un robusto taglio al fondo per i patronati di 150 milioni su 430 milioni totali, decurtazione che poi il Parlamento ridusse a “soli” 35 milioni. Così pure, per l’aliquota contributiva (il particolare prelevamento dal monte salari dei dipendenti dei patronati) che doveva andare dallo 0,226% allo 0,148% assottigliata poi allo 0,207%. Per il 2016 sono stati annunciati nuovi tagli, che chiaramente vogliono portare questo sistema di servizi di assistenza alle varie tipologie d’utenti alla chiusura. 

Bisogna sottolineare che le domande dei cittadini, alle quali i Patronati rispondono gratuitamente, non si sono ridotte, anzi. La vergogna è poi che la sottrazione dei fondi e dell’aliquota decisa lo scorso anno doveva essere correlata a un riordino degli stessi Centri di assistenza previdenziale, per diminuire il numero di quelli più piccoli e poco efficienti, che non è mai stato compiuto. Ai tagli sopra tratteggiati si unisce poi un deciso squarcio anche ai compensi fissati per i Caf. In tale circostanza la Legge di stabilità sancisce il restringimento delle assegnazioni economiche da parte del Fisco, di 60 milioni di euro per il 2016 e di 100 milioni per il 2017 (si è pensato anche di progettare una bozza di 100 e 100), risparmi da raggiungere individuando dei nuovi corrispettivi di competenza destinati appunto ai Centri autorizzati di assistenza fiscale. 

Consideriamo poi che gli accorciamenti individuati sono molto onerosi, alla cieca e senza alcuna spiegazione; nell’anno passato, in realtà, si era arrivati a un faticosa intesa che assicurava i picchi massimi di spesa calcolati in base all’innovazione del 730 precompilato. Tuttavia, a differenza del 15%, reputato come limite dal governo, solamente il 7% di contribuenti ha stilato la dichiarazione online senza rivolgersi ai Caf. E per il prossimo anno, considerando le complessità riguardanti il calcolo delle detrazioni delle spese mediche, già precompilate dall’Agenzia delle Entrate, non c’è d’aspettarsi un’ampia crescita. 

Ci sembra opportuno esprimere, concludendo, un giudizio sull’argomento fin qui affrontato, sui provvedimenti della Legge di stabilità 2016 riguardanti gli organismi che si occupano dell’aiuto alla previdenza e alla fiscalità: i tagli previsti, e dunque preventivi, sono palesemente errati e vanno chiaramente a sfavore della tutela dei cittadini in generale. Difatti, oltre a sottolineare il profondo disagio degli assistititi e dei contribuenti – che dovranno pagare le prestazioni richieste, finora usufruite quasi tutte gratuitamente, in conseguenza della mancanza di un indispensabile sostentamento economico dello Stato, alla molteplicità dei servizi offerti dal mondo dei Patronati e dei Caf – bisogna pure considerare l’effetto catastrofico sulla sorte di centinaia di posti di lavoro dei collaboratori dipendenti di questi enti. 

Quanto affermato dimostra come al solito la sconfitta di una politica governativa che non ha, e non ha mai avuto, la pur minima volontà di difendere e agevolare le fasce economiche dei cittadini più basse e più in difficoltà. Come abbiamo affermato parecchie volte, non si possono applicare le teorie e le azioni di semplificazione (vedi la messa in campo dell’innovazione telematica voluta e tanto vantata dall’Inps e dall’Agenzia delle Entrate e, per adesso, miseramente fallita) e di risparmio di bilancio a tutti i costi, a discapito di un’opera di autentica difesa di un welfare giusto e per tutti. 

Nello specifico, questa non è un opinione a ogni costo contraria e pessimistica su chi ci amministra e ci governa, ma dobbiamo renderci conto che non possiamo andare avanti così. L’Italia nel suo complesso ha bisogno di risposte adeguate e di concrete soluzioni sui vari problemi sociali ed economici che assillano tutti noi, dalle pensioni al lavoro che manca, soprattutto ai giovani, dai licenziamenti al bisogno di sicurezza interna, alle soglie di povertà che ogni giorno si incrementano e via dicendo. Tiriamoci su le maniche e chi ha il potere di farlo si sforzi di cambiare la situazione, lasciando definitivamente un fazioso e proprio interesse a favore di un principio, volutamente “fuori moda”, di bene comune, mettendo in atto il quale, si può finalmente realizzare risolutivamente, un reale progetto di svolta e di cambiamento delle sorti del nostro Paese.