«L’economia e la fiducia in Italia crescono grazie alla Bce di Draghi e al Papa, non certo per le politiche di Matteo Renzi». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. La giornata di ieri è stata segnata da due notizie positive in ambito economico. Da un lato in ottobre l’Istat ha registrato un calo della disoccupazione all’11,5%, il tasso più basso dal dicembre 2012. Dall’altro l’indice PMI manifatturiero a novembre è cresciuto a 54,9, al di sopra delle attese al 54,2. Nei giorni scorsi l’Istat aveva diffuso dati positivi anche per quanto riguarda la fiducia di consumatori e imprese.
Professore, ultimamente nell’economia italiana sembra che vada tutto bene. È davvero così?
Quanto sta avvenendo dimostra l’errore degli analisti che anche di recente hanno continuato a sostenere che la politica monetaria della Bce non genera effetti economici positivi. La politica della Bce al contrario alleggerisce il debito pubblico, riduce gli spread e crea nuove regole nel settore bancario che migliorano la qualità del credito. Il Quantitative easing produce così effetti positivi dilazionati nel tempo. È noto che le politiche monetarie producono sull’economia reale effetti dilazionati nel tempo, perché la prima è un fattore di trasmissione rispetto alla seconda.
Domani si terrà il board della Bce che potrebbe decidere di incrementare il Quantitative easing. Le cose andranno ancora meglio?
La Bce a un certo punto deve ampliare qualitativamente il suo intervento acquistando altri titoli. Per continuare a pompare denaro nell’economia allo stesso ritmo bisogna ampliare il raggio d’azione. Non penso che questo significhi che le cose andranno ancora meglio, ma serve a evitare che vadano peggio.
Gli attentati terroristici freneranno questi effetti positivi?
Il Quantitative easing è anche un rimedio contro gli effetti negativi del terrorismo. Se gli oneri per rischi delle assicurazioni sono più elevati, queste ultime possono però finanziarsi più favorevolmente presso la banca centrale e non rischiano il crac. È pur vero però che l’Italia è stata sempre in ritardo sia nella recessione che nella crescita. Resta quindi un punto interrogativo sul fatto che gli effetti positivi della crescita possano perdurare se l’anno prossimo ci saranno molti fattori esterni negativi. Anche se la Germania finora è riuscita ad assorbire bene gli effetti degli scandali Volkswagen e Deutsche Bank.
Lei che cosa si aspetta dallo scenario internazionale?
I fattori negativi si possono purtroppo accumulare, come si vede dalle tensioni tra Russia e Turchia e dalle incertezze degli Stati Uniti che, secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, sarebbero a loro volta sotto ricatto da parte dell’Isis. Per non parlare delle accuse rivolte a Qatar e Turchia di essere amici del Califfato. Anche se in realtà questi due Paesi sono semplicemente come gli imprenditori che pagano il pizzo perché hanno paura della mafia.
Intanto la crescita del Pil italiano del +0,9% entro fine anno è a rischio?
No. I dati di novembre sono ancora buoni, e comunque per risentire i danni di certi fenomeni bisogna aspettare del tempo. Non dimentichiamoci che la fiducia di consumatori e imprese sta crescendo. Uno degli elementi che in Italia sta dando molta fiducia è il Papa. È sua la vera sfida culturale, non quella di Renzi che è semplicemente grottesca. L’effetto positivo sull’economia italiana della visita in Africa del Santo Padre è enorme.
Perché?
Bergoglio ha girato senza protezioni e nessuno ha osato sparargli. Ciò dà un senso di sicurezza nella fede religiosa e nel suo potere. Di fronte alla stupidità dei discorsi di Renzi sul “fattore culturale”, svetta un fattore culturale fondamentale che è la fede cristiana. Il Papa sfida la morte per portare la pace, lanciando così un messaggio di una bellezza straordinaria. Ma soprattutto il mondo vede nell’Islam una religione e una politica dell’odio, cui Papa Francesco contrappone una religione e una politica dell’amore, cioè il cristianesimo.
(Pietro Vernizzi)