Risoluzioni e azzeramenti. Domenica 22 novembre si è svolto il Consiglio dei ministri n. 93 convocato per l’esame del Decreto legge “Disposizioni urgenti per il settore creditizio”, contenente alcune norme procedimentali volte ad agevolare la tempestiva ed efficace implementazione delle procedure di risoluzione di Banca delle Marche S.p.A, Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti S.p.A. e Banca popolare dell’Etruria e del Lazio – Società cooperativa. (1) Dopo il Consiglio dei ministri, la Banca d’Italia ha avviatoil programma di risoluzione per i suddetti istituti di credito, con effetti a decorrere dalle ore 22:00 dello stesso giorno. “L’attuazione del programma, attese le perdite rilevate, ha reso necessario procedere alla riduzione integrale delle riserve e del capitale rappresentato da azioni, nonché del valore nominale delle passività subordinate computabili nei fondi propri, con conseguente estinzione dei relativi diritti amministrativi e patrimoniali”.
Obbligazioni, rischi e confusione. In riferimento all’azzeramento del valore delle azioni e di buona parte delle obbligazioni subordinate delle quattro vecchie banche in crisi, viene detto che “le perdite accumulate nel tempo da queste banche, valutate con criteri estremamente prudenti, sono state assorbite in prima battuta dagli strumenti di investimento più rischiosi: le azioni e le ‘obbligazioni subordinate’, queste ultime per loro natura anch’esse esposte al rischio di impresa”.
Ci si potrebbe chiedere quanti, fra i piccoli risparmiatori possessori di obbligazioni subordinate, fossero consapevoli di avere comprato – tra un sorriso e l’altro, tra una firma e un’altra – un titolo esposto al rischio di impresa e non un titolo “sicuro perché della banca”, “come un Bot” [].
Potrebbe essere utile uno sguardo a qualche numero. Nel caso di Banca delle Marche – la più grande delle quattro banche disastrate – circa 43.000 azionisti hanno subìto perdite stimabili in circa 1,3 miliardi di euro; d’altro canto, circa 1.000 possessori di obbligazioni subordinate si sono visti azzerare titoli per circa 500 milioni di euro []. Ciò sembrerebbe rivelare che i risparmiatori abbiano acquistato, in media, molte più obbligazioni subordinate che non azioni.
Insomma, quei risparmiatori avevano genericamente acquistato “obbligazioni” della loro banca “di fiducia”. Per di più, se un possessore di obbligazioni subordinate avesse chiesto alla sua banca la composizione del proprio portafoglio, anche per valutarne la rischiosità rispetto al proprio profilo, gli sarebbe stato detto molto probabilmente che aveva delle obbligazioni – non titoli con rischio paragonabile a quello delle azioni.
[1] Si tratta peraltro di titoli con scarsa trasparenza circa il loro valore, spesso quotati in mercati organizzati dagli emittenti stessi, ovvero le banche debitrici.
[2] Tra le altre, sono state estinte, a 30 giorni dalla scadenza (22 dicembre), le obbligazioni subordinate IT0003972996 emesse dalla Banca delle Marche nel 2005.
Informazione, consapevolezza e fiducia. Come evidenziato pochi giorni fa in occasione del Convegno nazionale di studi su Regolamentazione bancaria e antitrust, vi è l’esigenza di accrescere la “trasparenza sostanziale” nei rapporti con la clientela e di tenere conto di come “oggettivi limiti cognitivi del consumatore […] precludano la possibilità di concepire il mercato dei prodotti bancari e finanziari come un ambiente nel quale operano agenti perfettamente razionali e consapevoli”. In un Paese in cui non si fa ancora abbastanza educazione finanziaria e in cui i consumatori continuano a essere la parte contrattualmente più debole, sembra paradossale coinvolgere nelbail-in le obbligazioni subordinate dei risparmiatori, scaricando su di loro, oggi, errori di banchieri e distrazioni della regolazione di ieri.
Servirebbe non alimentare rabbia, sfiducia e paura. E in questo caso potrebbe bastare molto poco. Si potrebbero, per esempio, escludere dall’estinzione almeno le obbligazioni subordinate in mano alle famiglie, equiparandole alle obbligazioni ordinarie e ai depositi superiori a 100.000 euro (che ne sono usciti indenni). Le somme necessarie potrebbero essere coperte per varie strade – se lo si vuole. Potrebbe essere un buon modo, tra l’altro, per evitare che i risparmiatori non sottoscrivano più obbligazioni bancarie, se non a tassi ben più alti che in passato; e che i risparmiatori che già ne hanno in portafoglio corrano impauriti a venderle.
Difficile pensare che un salvagente offerto ai piccoli risparmiatori possa essere additato come aiuto di Stato dall’Europa. Governo e Banca d’Italia potrebbero forse rivedere, di nuovo “in stretta collaborazione e intesa, agendo ciascuno in base alle proprie competenze e responsabilità”, i provvedimenti presi domenica 22 novembre.
(Virgilio Dantini)