Caro direttore, chiedo ospitalità al suo giornale per brevi osservazioni in merito alle travagliate vicende bancarie di questi giorni, tristemente segnate da un suicidio.
La prima osservazione mi è suggerita anche dalla mia esperienza di amministratore di una Banca di credito cooperativo lombarda. Negli ultimi anni la normativa volta a tutelare i risparmiatori si è moltiplicata in modo parossistico. Scopo certamente lodevole, anche se talvolta si ha l’impressione di trovarsi di fronte alle “grida” manzoniane. Sempre più dettagliate, sempre più risolute, ma… in ultima analisi spesso inefficaci. La debolezza umana non è stata annullata, le storture sono rimaste. Ora il Governo preannuncia riforme che stavolta saranno (ovviamente) risolutorie e definitive. Speriamo che siano iniziative ben meditate ed equilibrate, senza sognare per l’ennesima volta il sistema perfetto che renda superfluo essere buoni…
Sovente, quando accadono fatti come questi, si genera una confusione che rende quasi impossibile formarsi un giudizio chiaro. Gli organi di vigilanza negano responsabilità, il Governo pure, i partiti si lanciano accuse. C’è chi sentenzia “io l’avevo detto”, i giornali si riempiono di vademecum del risparmio sicuro. Pochissimi si interrogano sulla vera natura del problema, tentando di uscire dalla logica di metodi che si sono già rivelati fallaci.
Tra questi pochissimi, papa Francesco. Paragrafo 189 della “Laudato si’”: “Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”.
Nella bagarre dei commenti di questi giorni queste parole tornano alla mente. Spesso si pensa ai richiami papali come a enunciazioni di principio interessanti ma astratte, un po’ sulle nuvole, roba da omelia domenicale, all’atto pratico poco incisiva. E se invece si provasse a interrogarsi in merito? Se si provasse a farne un’ipotesi di lavoro a partire dalla quale iniziare a ripensare un sistema finanziario? Nel momento in cui si varano importanti riforme del sistema bancario (penso a quella che riguarda il Credito cooperativo ma non solo) sarebbe decisivo introdurre queste questioni nel dibattito in corso.
Una domanda finale: una riforma impeccabile (che è comunque auspicabile) metterà a posto tutto? Il dramma del suicidio del povero risparmiatore di Civitavecchia troverà pace in una nuova e migliore normativa? O ci resterà tutti i giorni un compito ineludibile: guardare l’altro (il cliente, il fornitore, il correntista) come un bene per sé e non come il mero terminale di un tornaconto economico? Forse le parole del Papa – per non ridursi a una buona intenzione – ultimamente rimandano a questa responsabilità personale e quotidiana.