«Renzi fa la figura di quello che si butta nella bocca del lupo dopo avere detto che il lupo è cattivo». È il commento di Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e del Coordinamento delle politiche comunitarie, all’intervista al presidente del Consiglio Renzi pubblicata sulla prima pagina del Financial Times. Il premier italiano critica a tutto campo la politica della Merkel, dai migranti al rispetto delle regole europee sul bilancio, dalle banche al raddoppio della pipeline Nord Stream. “Stimo Angela, abbiamo un rapporto personale eccellente. Ma l’Europa deve servire a tutti e 28 i Paesi, non a uno solo”, afferma Renzi.



Professore, perché il Financial Times ha scelto di pubblicare in prima pagina le critiche di Renzi alla Merkel?

L’obiettivo del Financial Times è dimostrare che per il Regno Unito è utile e opportuno opporsi all’unione monetaria e una maggiore integrazione europea. Londra è contraria al principio dell’ulteriore integrazione contenuto nel Trattato di Lisbona. Il Financial Times non sposa le tesi di Renzi, che porterebbero a una conclusione opposta a quella del governo inglese.



Quindi il Financial Times su questo è in linea con Cameron?

Sì, e l’idea di Downing Street è che non si possano accettare ulteriori integrazioni all’interno dell’Ue. Dal momento che a comandare è la Germania, per di più in modo sbagliato e parziale, l’Italia ne risulta danneggiata. Il paradosso è che il governo Renzi poi è fautore di una maggiore integrazione europea. Agli occhi degli inglesi, gli italiani si vogliono buttare nella bocca del lupo dopo aver detto che il lupo è cattivo. La posizione di Cameron invece è che se non si modifica il trattato di Lisbona, o comunque non si rinuncia ad adottare regole sempre più stringenti, il Regno Unito uscirà dall’Ue.



Renzi ha ragione a dire che a comandare è sempre la Germania?

Indubbiamente. Ma la Germania riesce a comandare perché applica a livello europeo il principio della maggioranza relativa. Merito dei suoi 80 milioni di abitanti, cui si aggiungono 10 milioni di austriaci. Berlino è inoltre circondata da vassalli storici, quali Estonia, Lettonia, Lituania. I tedeschi comandano in Lussemburgo e hanno un’enorme influenza sui Paesi Bassi. Berlino è favorita anche da reddito pro capite, struttura industriale, collocazione geografica, nonché dal fatto che i popoli di cultura tedesca sfiorano il 40% degli abitanti dell’Ue.

Quindi un’Europa a guida tedesca è un fatto inevitabile?

Un’Europa a guida tedesca è nella natura delle cose. La questione è capire se Berlino sia ispirata da principi liberali o da uno spirito autoritario. L’intervista a Renzi evidenzia proprio che i tedeschi sono animati da uno spirito autoritario. Da questo punto di vista il premier italiano sottolinea un problema reale.

Alla luce di quanto ha detto, lei pensa che la soluzione sia l’uscita dell’Italia dall’euro?

Assolutamente no, io ritengo che occorra innanzitutto migliorare il nostro bilancio pubblico. Ma la vera questione è un’altra…

 

Quale?

Il professore tedesco Lars Feld è contrario a un’unione bancaria che metta insieme i fondi di garanzia dei vari Paesi, in quanto ciascuno stato dovrebbe rimanere autonomo. È una tesi che condivido in pieno. Io non sono un fautore dell’uscita dell’Italia dall’euro, bensì voglio semplicemente evitare di compiere dei passi avanti ulteriori. Mettere i nostri debiti e i nostri fondi di garanzia bancaria insieme a quelli degli altri Paesi non è la soluzione.

 

Perché?

Perché in questo modo noi perdiamo autonomia e capacità di autogoverno. Anziché criticare la Germania, Renzi dovrebbe riconoscere le responsabilità dell’Italia. Il nostro Paese, pur rimanendo nell’euro, dovrebbe evitare eccessivi vincoli di solidarietà, perché questi comportano la sottomissione del nostro Paese. Renzi commette il tragico errore di non capire che se noi continuiamo a indebitarci e ad avere bisogno degli altri per garantire i nostri depositi bancari, noi diventiamo sempre più succubi e dipendenti nei confronti dei Paesi che pagano per noi.

 

(Pietro Vernizzi)