«L’Italia chiuderà il 2015 con un Pil al +0,7%. Il governo ritiene che nel 2016 avremo un +1,6%, ma le nostre misure a livello di politica economica non sono certo tali da giustificare un miglioramento di questo tipo. Se vogliamo crescere a quel ritmo va tagliata la spesa pubblica». Lo rimarca Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università Cattolica di Piacenza. La nota di aggiornamento al Def lo scorso settembre aveva previsto che il Pil italiano crescesse dello 0,9% nel 2015 e dell’1,6% nel 2016. L’ultimo bollettino economico della Bce però ha già ritoccato le stime sulla performance dell’Italia nel 2015 abbassandola allo 0,8%. Tuttavia Matteo Renzi domenica ha ribadito che il Pil crescerà dell’1,6% l’anno prossimo.



Professore, che cosa ci dobbiamo aspettare dal 2016 perché il Pil cresca dell’1,6%?

Ritengo che il 2015 si chiuderà con un Pil al +0,7%, quindi un po’ più basso rispetto a quanto era stato preventivato. I conti che ho realizzato sulla crescita nel 2016 mi hanno portato a concludere che per avere un Pil dell’1,6% è necessaria una crescita trimestrale dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. Servirebbe un’accelerazione della crescita più consistente rispetto a quanto abbiamo osservato fino a questo momento. È quanto era avvenuto nelle precedenti fasi di espansione, anche se questa volta siamo partiti più lentamente rispetto al passato.



Da che cosa dipenderà il fatto di riuscire ad arrivare all’1,6%?

Nel 2016 il governo dovrà aprire il file della riduzione della spesa pubblica, in modo da arrivare a una riduzione più incisiva rispetto a quella che è stata realizzata per il 2015. Questo significherà una qualche riduzione dei redditi di alcuni soggetti, in particolare dei consiglieri di amministrazione, dei dipendenti delle partecipate e dei fornitori del settore sanitario. Questo potrebbe portare a una crescita economica che non si modificherà di molto rispetto a quanto è avvenuto finora. La speranza di un +1,6% nel 2016 deriva dal fatto che si mantengano delle circostanze internazionali molto favorevoli.



La riduzione della Tasi può avere un effetto così determinante da consentire di raggiungere questo risultato?

No, non credo che la riduzione della Tasi avrà un effetto così forte. Ciò che occorre è una riduzione delle imposte complessive, non di una voce o dell’altra. La riduzione dell’Ires è stata rinviata al 2017, e quindi l’imposizione sul reddito d’impresa resta invariato. La riduzione delle imposte sul lavoro non avverrà nel 2016, anzi pare sarà rinviata al 2018. Quindi indubbiamente la riduzione delle imposte per il 2016 è affidata solo alla Tasi. Questo però non basta per determinare una riduzione del reddito disponibile in grado di alimentare maggiori consumi.

Quanto può incidere il ribasso del petrolio sul Pil italiano?

Oggi le macchine consumano di meno, quindi quando scende il prezzo del petrolio il beneficio è inferiore rispetto al passato. C’è un beneficio per le famiglie e le aziende che deriva dal fatto di avere bassi prezzi dell’energia, soprattutto nel settore manifatturiero, ma è un beneficio più limitato che in passato.

 

Quali effetti possono produrre gli interventi sui tassi di Bce e Fed?

Non credo che l’euro possa deprezzarsi più rapidamente di quanto ha fatto finora. Il deprezzamento cui abbiamo assistito dalla fine del 2014 in poi incorporava già l’attesa di un rialzo dei tassi della Fed. Il fatto che questo rialzo dei tassi avvenga ora può portare a un rialzo del dollaro nei confronti dell’euro, ma di un’entità che dovrebbe essere piuttosto marginale. È possibile arrivare alla parità tra euro e dollaro, ma non sarà qualcosa di molto diverso rispetto a quello che abbiamo adesso. Non aspettiamoci di ripetere il calo del 25% di cui abbiamo beneficiato nei 18 mesi precedenti.

 

Quindi il +1,6% per il 2016 è una stima destinata a essere rivista al ribasso?

È presto per dirlo: l’elemento più rilevante è come andrà il commercio mondiale. Quest’ultimo nella seconda metà del 2015 ha subito una frenata, che è stata associata al rallentamento della crescita cinese. Se la Cina dovesse riprendersi a quel punto anche il commercio mondiale ripartirà più rapidamente. Questo potrebbe dare quindi un contributo positivo. D’altra parte se fossero allentate le sanzioni sia verso l’Iran che verso la Russia, l’economia italiana ne beneficerebbe anche da quel lato.

 

(Pietro Vernizzi)