La brutta vicenda delle banche fallite (però poi salvate, cioè salvati i banchieri e non i correntisti) ha portato alla luce quanto sia vera una fondamentale affermazione per capire il funzionamento del sistema bancario: in banca non ci sono i soldi. L’affermazione è confermata dalla crisi in cui si trovano Cooperative Operaie e Coop Carnica in Friuli, dove a pagare non sono stati arditi speculatori finanziari, ma un esercito di ventimila pensionati, talmente certi dell’infallibile opera cooperativistica da trasformare conti correnti in azioni e libretti per 130 milioni di euro. E ora rischiano di perdere tutto. Ma la cosa grave è che tale raccolta di risparmio è fuori dal monitoraggio della Banca d’Italia, secondo la quale la raccolta di risparmio non deve superare il triplo del patrimonio. Ma in giro per l’Italia sono numerose le Coop che hanno allegramente superato questo limite: Unicoop Tirreno ha un rapporto di oltre 6, mentre Coop Centro Italia si avvicina a 3. Ma chi controlla?
E poi c’è la vicenda, paradossale per alcuni aspetti, accaduta in una filiale di Veneto Banca, dove un azionista e correntista si è presentato imbestialito in una filiale e ha preteso di ritirare i propri soldi. Di fronte al diniego, si è alterato e ha scavalcato il bancone spintonando due cassiere, ha arraffato i contanti che ha trovato ed è uscito forzando un’uscita di sicurezza. Ma ha fatto poca strada perché nel frattempo i Carabinieri erano stati allertati e lo hanno preso poco distante.
In banca non ci sono i nostri soldi, questa è la verità. Tecnicamente, quando un correntista effettua un deposito, di fatto effettua un prestito alla banca (ragion per cui viene riconosciuto un interesse). Quando abbiamo in mano un foglietto con il saldo, quello rappresenta il nostro credito, che la banca usualmente restituisce prontamente, se in piccole quantità. Ma normalmente tutto il denaro non c’è. Se solo una piccola parte dei correntisti si presenta in banca per ritirare i propri risparmi, la banca semplicemente fallisce. Questo è il motivo fondamentale per cui al correntista (e azionista) di Veneto Banca che chiedeva di riavere tutti i soldi alla filiale hanno detto di no.
Tutto dipende dal fatto che esiste un grande, gigantesco equivoco su come nasce il risparmio e su come funziona il sistema bancario. La maggioranza delle persone crede che all’inizio vi sia il risparmio, che viene depositato presso un istituto autorizzato, il quale in seguito è in grado di prestare. Ma non è così: prima nasce il prestito, che viene creato dal nulla dal sistema bancario e diventa denaro sul conto di chi ha chiesto il prestito. Poi chi ha chiesto il prestito spende e chi riceve il denaro lo deposita ancora (non ci sono alternative), creando così i depositi che giustificano nuovi prestiti. Ma temporalmente e funzionalmente i prestiti precedono i depositi. Se i correntisti ritirano i depositi e si tengono il denaro sotto il materasso, alla banca rimangono solo prestiti inesigibili e fallisce.
Prima di tutto contro questo sistema c’è un problema ideale e morale. Se infatti la moneta serve a rappresentare il valore positivo dei beni, allora la moneta non può nascere con un valore negativo, non può sorgere tutta come debito, come avviene oggi. Ma c’è pure un problema funzionale. Infatti, i debiti generano un interesse che dovrà essere pagato. Invece il denaro creato non genera, di per sé, una maggiore quantità di denaro. Se circola, il denaro genera lavoro, ma non genera altro denaro (a meno che il lavoro non sia quello del falsario). Se circola più velocemente, allora verrà generato più lavoro, ma il denaro sarà sempre lo stesso. Con una maggiore velocità di circolazione del denaro all’interno di un Paese, avremo un aumento del Pil, ma la quantità di denaro circolante sarà sempre lo stesso, per la semplice regola che nessuno, nell’economia reale, ha il potere di stampare moneta. Questo è il semplice motivo per cui il debito aumenta sempre: perché il denaro non aumenta e quindi pagare il debito crescente non è possibile.
Questo diffuso equivoco sulla creazione del denaro e sul fatto che i prestiti generano i depositi (e non il contrario) non è la mia personale visione delle cose, ma l’autorevole affermazione della Bank of England (la banca centrale inglese) diffusa attraverso il proprio “Quarterly Bullettin” del marzo 2014. Anzi, rendendosi conto di dire qualcosa contrario al comune sapere della gente, quel bollettino parla esplicitamente di equivoco: “In the modern economy, most money takes the form of bank deposits. But how those bank deposits are created is often misunderstood” (per quelli che non conoscendo l’inglese non capiscono questa semplice frase: “Nella moderna economia, la maggior parte del denaro prende la forma di depositi. Ma come questi depositi sono creati è spesso non compreso”). Quindi prosegue con inesorabile chiarezza: “The principal way in which they are created is through commercial banks making loans: whenever a bank makes a loan, it creates a deposit in the borrower’s bank account, thereby creating new money” (“Il modo principale con cui questi sono creati è attraverso i prestiti concessi dalle banche commerciali: quando una banca fa un prestito, crea un deposito nel conto del richiedente, creando nuova moneta”).
Ho voluto risottolineare questo aspetto, già accennato nel passato articolo, non solo per rispondere più compiutamente alle osservazioni di un commentatore (Pinna Lorenzo), ma anche per rendere più chiaro a tutti perché questo sistema non potrà mai stare in piedi e funzionare efficacemente e cosa manca sulla via del benessere per tutti.
Premesso che ovviamente non sto parlando di una formuletta magica con la quale spariranno tutti i problemi del mondo, quello che manca all’attuale sistema bancario creatore di moneta dal nulla è il riconoscimento formale e sostanziale che la moneta è un elemento positivo, uno strumento di misura della positività del reale, un frutto dell’attività bancaria e in quanto tale all’atto della sua creazione deve essere posta tra gli attivi. Nel caso di un prestito, dal conto della banca verrà spostato nel conto di un cliente che ha chiesto il prestito. Nel momento in cui il prestito rientra, quello è il profitto della banca che dovrà essere adeguatamente tassato, con grosse entrate per lo Stato. E uno Stato che si alimentasse del denaro creato dal nulla potrebbe rinunciare a gran parte delle tasse e portare la tassazione a un livello irrisorio. Questa sarebbe una possibilità concreta, frutto di un’eventuale scelta politica. Invece nella situazione attuale questa scelta sarebbe impossibile, dovendo combinare il pareggio di bilancio (demenzialmente inserito nella Costituzione) e i vincoli europei imposti (primo tra tutti il rapporto deficit/Pil inferiore alla soglia incomprensibile del 3%, una soglia che non ha alcuna giustificazione teorica, né pratica).
Ancor peggio, in un periodo di crisi, il denaro come passivo di bilancio è un peso intollerabile che nessuno riesce a sopportare e quindi nessuno prende a prestito, mettendo così l’economia in ginocchio e i bilanci delle banche in grave crisi. Infatti, come già raccontato negli scorsi articoli, non è finita qui: le banche in amministrazione controllata sono ben 16 (e finora 4 sono fallite e salvate con i soldi dei correntisti), ora c’è Veneto Banca in gravi difficoltà (5 miliardi di sofferenze bancarie), ma il totale delle sofferenze bancarie delle banche italiane sono circa 350 miliardi di euro.
Ovviamente non c’è modo di uscire dalla crisi economica con questo sistema demenziale. L’unico modo è tornare alla sovranità monetaria (ipoteticamente, non sarebbe necessario cancellare l’euro) e fare in modo che il denaro possa essere stampato da almeno una fonte che possa metterlo tra gli attivi. Per logica, questa fonte dovrebbe essere lo Stato. Oppure potrebbero esserlo anche le banche, monitorate costantemente dallo Stato (o da Banca d’Italia, con ispezioni che controllino veramente). Ma quello che è certo è che comunque occorre denaro creato dal nulla e posto tra gli attivi. Se questo non accadrà, vorrà dire che avrà vinto l’ideologia nichilista e avremo il disastro, sia morale che finanziario.
Anche l’evento del Natale ci ricorda che ogni avvenimento è un evento positivo, da cui (sempre con fatica, errori e sofferenze) può nascere una fecondità per il mondo. Come ci ha ricordato anche papa Benedetto, “lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” (Caritas in Veritate, n. 34).
La moneta creata dal nulla e posta tra gli attivi può essere un esempio di applicazione concreta del principio di gratuità.