Sembra che sotto l’albero quest’anno Babbo Natale abbia portato anche qualc0e buona notizia anche se con l’ottimismo, nell’attualità delle imprese, è sempre meglio cauti. A confermarlo il Cerved, attraverso l’analisi del numero di fallimento e liquidazioni aziendali, e l’Osservatorio Confesercenti, con il bilancio aperture e chiusure dell’anno che volge al termine.
Come anticipato, gli studi sembrano aver individuato una tendenza al miglioramento. Il Cerved in particolare registra un sostanzioso decremento delle chiusure aziendali, che nei primi nove mesi del 2015 hanno interessato 53.500 esercizi, calando dell’8,5% rispetto al 2014. Un fenomeno interessa tutti i settori industriali a meno di quelli del largo consumo, della logistica e della chimica che, secondo il Cerved, hanno registrato una tendenza inversa – rispettivamente un aumento del 6,1%, 2% e 13,6%. Il campo delle costruzioni ha registrato un calo chiusure del 6,1%, quello dei servizi dell’1,8%, la distribuzione del 2,7%, l’immobiliare dell’8%, comunicazione ed intrattenimento del 4,9%, finanza 4,8%.
Secondo Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved, il motivo della forte retrocessione dei fallimenti è da individuare della diminuzione delle liquidazioni volontarie, “un dato che riflette un ritorno di fiducia da parte degli imprenditori italiani verso la ripresa economica del Paese”.
Secondo quanto riportato da Confesercenti sono calate anche le chiusure di negozi, bar e ristoranti. Un dato positivo viziato, però, dalla frenata folle delle aperture che, contro le 45mila del 2013 e 42mila del 2014 si stima che quest’anno saranno solamente 37mila. Dato che smorza l’entusiasmo per il miglioramento del crollo del bilancio aperture-chiusure, che dal 2014 ad oggi è passato da -34mila a -29mila.
Dall’Osservatorio emerge come i tre settori citati, dal 2011 al 2015 abbiano dovuto far fronte ad un saldo negativo di 140mila imprese, stimato dal bilancio tra le 207mila aperture e le 346mila aperture. Numeri da spalmare in maniera non omogenea a seconda di zone e regioni del Paese: -16.355 in Sicilia, -14.327 in Lombardia e -13.922 in Campania e così via.
“La ripartenza dei consumi, che pure c’è stata, è ancora troppo recente – secondo il presidente di Confesercenti Massimo Vivoli – e modesta per portare a una rapida inversione di tendenza, anche se finalmente nel 2015 tornano a calare le chiusure di imprese” L’uomo, preoccupato dalla sempre più scarsa nascita di nuove realtà, sostiene che “Per mettere il settore in condizioni di ripartire davvero bisogna ridurre il peso che grava su negozi, locali e botteghe. Ma servono anche soluzioni nuove per un contrasto mirato alla desertificazione di attività urbane: la nostra proposta è introdurre affitti a canone concordato e cedolare secca per le imprese che aprono in uno degli oltre 600 mila locali ormai sfitti per ‘mancanza’ di attività in tutta Italia. Un intervento che ci aiuterebbe a difendere la vivacità dei nostri centri storici e a favorire il ripopolamento di negozi e botteghe. Pmi che vivono dell’economia dei propri territori secondo le proprie specificità, e che costituiscono un valore aggiunto per turisti e consumatori, proprio in ragione delle rispettive diversità”.