Se molte sono, in questi giorni, le notizie positive sul ricircolo dell’economia in Italia e nel resto del Continente, non altrettanto confortanti le voci che giungono da Bruxelles circa la crescita della disoccupazione e, soprattutto, l’aumento – in Europa ma in particolare in Italia – dei Neet, quei giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in alcun percorso formativo.
Questo è quanto riportato dal rapporto “The growing intergenerational divide in Europe”, una ricerca portata a termine nella Capitale del Belgio dal “think tank Bruegel”, che rende pubblico l’allarme sul divario reddituale che in questi sette anni di crisi si è formato tra le diverse generazioni. I giovani dal 2007 ad oggi sarebbero diventati sempre più poveri, molti di loro disoccupati, colpiti da difficoltà economiche che invece non hanno influito in modo sifgnificativo sui lavoratori tra i 50 e i 64 anni. Al 2013 solo il 7% di loro sarebbe infatti andato incontro a disoccupazione, al contrario della fascia 15-24, senza un impiego per il 23,7% del totale. “Le misure per affrontare il divario intergenerazionale potrebbero includere – suggerisce il think tank Bruegel – politiche contro la disoccupazione giovanile, il riequilibrio della spesa e più equa ripartizione degli oneri tra le generazioni negli schemi pensionistici”.
In questi ultimi anni, dal 2007 in poi, sarebbe aumentato secondo il Burgel soprattutto il fenomeno dei Neet, che nel nostro Paese raggiungerebbe il 20% dei giovani facendoci “guadagnare” il primo posto nella classifica europea, seguiti da Bulgaria e Frecia. Tendenza inversa per Germania, Lussembirgo e Malta, dove i Neet sarebbero progressivamente diminuiti. In Austria, secondo il rapporto, la percentuale dei giovani in abbandono scolastico non sarebbe mutata. “Affrontare questa eredità attraverso una nuova ridistribuzione della spesa pubblica e ristabilire equità intergenerazionale nei sistemi pensionistici dovrebbe essere una priorità per i responsabili politici in gran parte dell’Unione europea”.