Oggi si riunisce il board della Banca centrale europea. Draghi e gli altri membri del consiglio direttivo dovranno decidere se potenziare il Quantitative easing con l’obiettivo di rilanciare l’economia e contrastare la deflazione. Allo studio c’è un nuovo taglio dei tassi sui depositi che oggi è pari a -0,20%. In questo modo le banche sarebbero scoraggiate a depositare liquidità presso la Bce e incoraggiate a prestarla a imprese e famiglie. Un’altra ipotesi è l’aumento degli acquisti mensili di titoli, con una spesa mensile che potrebbe essere alzata da 60 miliardi al mese a 70-80 miliardi. Ne abbiamo parlato con Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università degli Studi di Torino.
La Bce deciderà di aumentare l’acquisto di titoli o di portare i tassi d’interesse in negativo?
Lei trascura una terza ipotesi, cioè che la Bce non faccia nulla.
È quello che si aspetta?
Sì. Escludo a priori che il tasso d’interesse sia abbassato ulteriormente. Per quanto riguarda l’acquisto di nuovi titoli, il Quantitative easing è già in atto e continuerà ogni mese fino a metà del 2016. La Bce non ha quindi l’esigenza di fare qualcosa immediatamente perché c’è un’urgenza. Gli strumenti sono già stati messi in atto, che poi funzionino poco è un’altra questione. Draghi potrebbe decidere di aspettare ancora un paio di mesi per vedere i conti di fine anno delle banche.
Il Quantitative easing è stato fato oggetto di diverse critiche. Sono fondate?
In parte sì. In realtà i fondi assegnati con il Quantitative easing sono rimasti per più di metà presso la Banca centrale europea. Quando studiavo economia, il professore era solito spiegarci che la politica monetaria è come una corda: si può tirare ma non si può spingere. Le banche sottolineano di non essere disposte a fare beneficenza a imprese in difficoltà e di erogare del credito solo a imprese che hanno dei buoni piani.
È difficile trovare imprese con dei buoni piani?
In questo momento di recessione non sono molte le aziende con queste caratteristiche. Le banche prenotano i soldi della Bce, li depositano, ma poi li prestano solo a determinate condizioni. È questo il motivo per cui la politica monetaria da sola non basta a far aumentare il tasso di crescita dell’economia, se questa economia non ha voglia di crescere. Il vero problema è che mancano nuovi progetti da finanziare.
Senza buoni progetti, le imprese come utilizzano la liquidità messa loro a disposizione?
Le imprese prendono questi soldi che non costano quasi nulla e acquistano azioni proprie (cioè le società acquistano i loro stessi titoli, Ndr), in modo da fare salire la loro quotazione in Borsa. Oppure si fa una mega fusione con un concorrente. Nell’ultimo mese e mezzo soprattutto in campo farmaceutico ci sono state delle fusioni imponenti, a prezzi di decine di miliardi l’uno. Le somme non sono destinate quindi a investimenti, anzi quando si fondono due colossi farmaceutici è probabile che avvengano dei tagli.
Qualora Draghi si decidesse ad attuare nuove misure di Quantitative easing, la Bundesbank si opporrà a misure aggiuntive?
Sì, lo farà in linea di principio: il problema è capire quanto si opporrà. Se lo farà in modo blando, significherà che il governo di Berlino ha cambiato registro. Francamente non credo che questo accadrà, anche se dobbiamo tenere conto del fatto che l’economia tedesca è la più danneggiata dalle sanzioni alla Russia. Poter attingere a una maggiore liquidità non farebbe quindi scomodo alle imprese della Germania.
A proposito di Germania, nel board della Bce si parlerà anche della situazione della Deutsche Bank?
Dietro a questi grandi dati macroeconomici, è inevitabile che la Bce parli ufficialmente o meno della situazione di difficoltà di alcune banche. Quando si vede una grande banca tedesca chiudere il terzo trimestre 2015 con 6 miliardi di perdita, fare un piano di emergenza che taglierà i dipendenti di 30-40mila unità e la porterà a uscire da dieci Paesi, anche questo viene tenuto in conto. Riduzioni di tassi possono anche essere viste nell’ambito della necessità di azioni urgenti per rispondere a singoli casi.
(Pietro Vernizzi)