“Dopo tre anni di profonda recessione la crescita e l’occupazione stanno ritornando”. Lo ha sottolineato venerdì il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, secondo cui “per rendere sostenibile questa ripresa il governo intende proseguire la sua strategia di riforme strutturali con un nuovo round di azioni per la crescita”. Il ministro ha aggiunto: “L’Italia sta diventando sempre più attraente per gli investitori grazie alle riforme strutturali e alla ritrovata stabilità finanziaria”. Sempre venerdì è stato pubblicato il rapporto del Censis, da cui risulta che il patrimonio finanziario degli italiani ammonta a più di 4mila miliardi di euro. Tra il giugno 2011 e il giugno 2015 il dato è aumentato del 6,2%. Ne abbiamo parlato con Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.



Per Padoan “la crescita e l’occupazione stanno ritornando”. Il suo ottimismo è fondato?

L’ottimismo di Padoan ha basi fragili. In questa situazione noi abbiamo fatto una manovra economica molto coraggiosa, quasi esclusivamente a favore delle imprese, e i risultati sono stati di gran lunga inferiori rispetto a quelli desiderati.



Perché secondo lei?

Perché la congiuntura mondiale è più debole e gli sforzi per migliorare le condizioni del credito faticano a concretizzarsi. Le stesse esportazioni, che in linea di principio dovevano essere un traino importante, crescono in modo molto lento per le ragioni che dicevo prima. Paradossalmente la crescita è stata determinata dalla domanda interna, la cui componente più dinamica è stata il rinnovo del parco auto. L’acquisto di un nuovo autoveicolo negli anni di crisi era sempre stato ritardato. Aggiungo che l’inflazione oramai è diventata una moderata deflazione, e quindi il quadro non è ancora favorevole.



Sempre secondo il ministro, “l’Italia sta diventando sempre più attraente per gli investitori grazie alle riforme”. È così?

L’Italia è in vendita: la Pirelli è diventata cinese e il fondo sovrano del Qatar ha acquistato la zona Garibaldi di Milano. Non è questo il tipo di investimenti che vorremmo, in quanto certamente non creano occupazione. Sono investimenti puramente finanziari che non comportano un aumento della capacità produttiva. Quella che riguarda la zona Garibaldi, per esempio, è una transazione finanziaria che coinvolge il centro direzionale, il quale forse aveva qualche problema visto il livello elevato dei prezzi. Proprio per queste ragioni è stato acquistato in blocco dal fondo sovrano del Qatar.

Le aziende straniere vengono volentieri in Italia?

Alcune aziende vengono in Italia, come per esempio Ikea e Amazon. Quel tipo di aziende alla fine producono un saldo netto negativo che in un certo senso è il segno della crisi. Un consumatore va all’Ikea o compra su Amazon perché è conveniente e cerca prezzi bassi. L’investimento fatto da imprese italiane invece ha il fiato corto perché mancano il credito e la domanda interna.

Per il Censis i risparmi hanno superato i 4mila miliardi. Perché gli italiani non spendono più?

Le famiglie italiane cercano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: vorrebbero spendere, ma non hanno i soldi perché i redditi sono congelati. All’origine c’è il clima d’incertezza che si è creato per ragioni internazionali. Oggi si parla addirittura di andare in pensione a 70-75 anni in modo generalizzato. E il risultato è che se appena uno può mettere qualcosa da parte lo fa subito.

 

Dopo l’annuncio delle nuove misure di Draghi i mercati hanno reagito in modo negativo. Perché?

In primo luogo la reazione dei mercati andrebbe analizzata un po’ meglio. Non bisogna dimenticare che a fronte della situazione che ho commentato poco fa, le attività finanziarie hanno avuto un rendimento molto diversificato ma in alcuni casi soddisfacente. In molti casi il reddito da capitale è aumentato più del reddito da lavoro, a volte anche in modo significativo.

 

La Bce può fare di più?

La Bce potrebbe fare di più, il problema vero è che se i risultati sono quelli che abbiamo visto il credito non arriva né alle famiglie, né alle imprese. Di fronte all’attuale quadro economico, sia le prime sia le seconde hanno quella giusta cautela nel prendere a prestito se non a condizioni particolarmente vantaggiose.

 

(Pietro Vernizzi)