Il governo corre ai ripari per salvare gli obbligazionisti coinvolti dal crac di quattro istituti di credito: Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara. Dopo la protesta delle associazioni dei risparmiatori e dei parlamentari dell’M5S davanti alla Camera, si sta studiando una soluzione all’interno della legge di stabilità. Il Pd ha proposto un fondo da 120 milioni, che coprirà però solo un terzo dei 350 milioni che rischiano di perdere i piccoli obbligazionisti. Lo stesso Silvio Berlusconi è intervenuto sull’argomento affermando: “Governo e Bankitalia dovevano vigilare e dare l’allarme per tempo, ora il governo deve intervenire al più presto”. Ne abbiamo parlato con il professor Claudio Borghi Aquilini, responsabile del dipartimento Economia della Lega Nord e consigliere della Regione Toscana.



Ritiene che il fondo di solidarietà da 100 milioni sia una soluzione adeguata al problema che coinvolge i risparmiatori di quattro banche?

Il marchio di fabbrica di questo governo è fare il disastro e poi metterci una toppa facendola sembrare come un grande successo. Non dimentichiamo la questione relativa all’Imu sulla prima casa e il blocco dell’indicizzazione delle pensioni cui si è posto rimedio con una mancia elettorale. Il fondo risparmiatori rientra in questa tipologia di interventi. Sono tutti disastri che hanno come unico e solo responsabile il governo, e poi si fa passare un intervento piuttosto limitato come un grande atto di buona volontà. A stupirmi è comunque soprattutto un’altra cosa.



Quale?

Da quando è stato compiuto l’esproprio ai risparmiatori delle banche, per 15 giorni i grandi quotidiani hanno ignorato la notizia. Per Repubblica e Corriere che ci fossero 150mila famiglie espropriate dei loro risparmi non era una notizia degna di essere riportata neanche nell’occhiello. Improvvisamente si sono accesi i riflettori perché si stava congegnando la redistribuzione della mancia in un’ottica puramente mediatica.

Perché secondo lei quella del governo è solo una toppa e non la vera soluzione?

Non si può in nessun modo addossare ai risparmiatori la responsabilità di decidere se una banca sia o meno sicura. Sul bilancio di una banca sono indicati i crediti, ma non è specificato se questi ultimi siano eligibili (cioè che possono essere riscossi, Ndr) o in sofferenza. Il fatto stesso che il governo arbitrariamente abbia deciso che i crediti in sofferenza delle banche sono da valutare al 17% comporta il fatto che la lettura degli stessi bilanci fornisca un’informazione falsa. Se i crediti in sofferenza sono valutati al 17%, significa che non esiste una sola banca in Italia, da Unicredit a Intesa Sanpaolo, che non rischia di fallire.



È giusto che un risparmiatore sia considerato responsabile per gli errori del management di una banca?

No. La banca in quanto tale è un organismo vigilato. La Banca d’Italia ha il potere e il dovere di vigilare sulla veridicità, sulla correttezza e sulla sicurezza delle operazioni poste in essere dalle banche. Un cittadino deve poter depositare i suoi risparmi sul conto corrente, senza avere la responsabilità per lui impossibile di interpretare i bilanci delle banche.

Per le associazioni dei consumatori, dal 1° gennaio sono a rischio almeno 60 miliardi di bond subordinati nel portafogli titoli delle banche. Che cosa si aspetta?

Il portafogli titoli delle banche non è a rischio solo dal 1 gennaio, ma già a partire da adesso. Non si capisce per quale motivo non sia stato deciso di fare delle obbligazioni che mantenessero le caratteristiche di quando sono state emesse, facendo invece per il futuro delle obbligazioni che effettivamente potevano servire come capitale di riserva. È ciò che è avvenuto negli altri Paesi europei, dove le banche hanno emesso i cosiddetti Coco bond, che significa “contingent convertible”.

 

Quindi è un problema che riguarda solo l’Italia?

No. Il problema è che in Europa siamo passati da un sistema dove le banche ricevevano la provvista per la propria attività dai risparmiatori, mentre la garanzia era fornita dalla Banca Centrale, a un sistema in cui le banche ricevono il denaro per la loro attività dalla Banca Centrale e la garanzia dai risparmiatori. La Banca Centrale è passata così da garante a garantita. È un sistema che non sta in piedi, e che va ricostruito dalle fondamenta.

 

(Pietro Vernizzi)

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