Chi comprerà CariFerrara, Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti? Chi salverà Popolare di Vicenza e Veneto Banca? Chi entrerà nel capitale della nuova capogruppo del Credito cooperativo? Chi – soprattutto – metterà in sicurezza Montepaschi? Le brusche “risoluzioni” di due settimane fa hanno riacceso i riflettori su un risiko bancario che – a fine 2015 – si prevedeva già entrato nel vivo: a valle della riforma-blitz delle Popolari di gennaio. Ora, in ogni caso, la vetrina è ogni giorno più piena e la grande asta – o se preferite “i grandi saldi” o secondo alcuni perfino “il grande gioco del cerino acceso” – è in agenda nell’arco di settimane.



Il nuovo presidente unico Roberto Nicastro, designato dal neonato Fondo italiano di risoluzione, dice che le quattro good banks ripartite lunedì 23 novembre sono di fatto già in offerta. Veneto Banca affronta fra dieci giorni l’assemblea-svolta per la Spa e ha già tolto il dente doloroso della svalutazione dell’azione in vista dell’aumento di capitale da un miliardo. Popolare di Vicenza la seguirà a ruota, un paio di mesi in più là. Attorno, si fanno intanto meno di routine segnali pubblici e rumor informali sugli avvicinamenti fra Popolari (anche la recente scomparsa del presidente-patriarca Piero Melazzini ha messo definitivamente in gioco la Popolare di Sondrio come player tutt’altro che marginale).



Due notizie degli ultimi giorni, tuttavia, meritano un’attenzione di peso specifico: la decisione della Fondazione Cariplo di aderire all’aumento di capitale della Cassa di risparmio di Bolzano e il passaggio della rete Barclays Italia a CheBanca!, il braccio di Mediobanca nel retail.

La maggiore Fondazione italiana, pilotata da Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri, sottoscriverà una quota da 20 milioni nella ricapitalizzazione della Cassa di risparmio di Bolzano. La Sparkasse è tuttora controllata al 66% dalla Fondazione omonima, mentre il capitale restante è suddiviso fra 24mila soci privati, per la prevalenza in Alto Adige. Un’operazione da 270 miliardi si è resa necessaria dopo alcuni bilanci difficili (l’ultimo in rosso per 231 milioni). Gli sviluppi a Bolzano spiccano su più di un versante.



Il primo è il via libera delle autorità al reinvestimento di patrimonio Fondazione (180 milioni) per mantenere la larga maggioranza nella banca storica cosiddetta “conferitaria”. Certo la condizione istituzionale dell’Alto Adige-Sudtirol è particolare: sta avendo voce in capitolo anche nel riassetto del Credito coopertivo (le Raiffeisen avranno uno status speciale nel nuovo gruppo nazionale in cantiere fra le Bcc). Tuttavia la recente autoriforma delle Fondazioni – sottoscritta presso il Tesoro lo scorso aprile – confermava la moral suasion generale allo sganciamento delle Fondazioni dalle banche, con nuovi paletti all’impiego del patrimonio. Ora a Bolzano la Fondazione locale rinvia questo allineamento e la Cariplo la sostiene: con un investimento diretto, comunque in una superstite Cassa di risparmio associata all’Acri. E il Tesoro, salvo teorici colpi di scena, non si sta opponendo. Il segnale promette di trasformarsi facilmente in un precedente, e non da poco.

Su questo sfondo le Fondazioni possono intervenire nei riassetti bancari in una chiave che Guzzetti ha voluto subito connotare apertamente come “solidaristica” fra Fondazioni e fra Fondazioni e banche locali già collegate a Fondazioni. Ma le stesse “risoluzioni” – pur movimentate – non sono forse essenzialmente un auto salvataggio “solidaristico” del sistema nazionale?

Le cronache comunque sono da giorni piene delle polemiche crescenti legate ai danni subiti dai risparmiatori, cui ora il governo sta affannosamente cercando di porre rimedio. Ma il primo a lamentare la frettolosità della risoluzione è stato il presidente dell’Acri, accusando l’Ue di “ottusità”: sei delle 88 Fondazioni del Centro Italia associate sono state gravemente colpite nel patrimonio (le partecipazioni nelle banche sono state azzerate) e quindi anche nella futura capacità di erogare interventi sui territori. Ed è difficile immaginare che le misure di sollievo ai piccoli risparmiatori (soprattutto portatori di obbligazoni subordinate, non di azioni) possa in qualche maniera interessare le Fondazioni. Il segnale molteplice lanciato da Guzzetti è comunque chiaro: e contribuirà prevedibilmente a orientare il riassetto bancario e l’impegno delle Fondazioni.

La Cariplo (azionista chiave di Intesa Sanpaolo) non è in ogni caso il solo top player a essersi seduto al tavolo del risiko. Anche la mossa di Mediobanca può contenere semi di interventi ulteriori e più pesanti nel riassetto. L’ennesimo tentativo di rilanciare CheBanca! riporta a una svolta strategica in fondo ancora incompiuta per l’istituto: a quindici anni dalla scomparsa di Enrico Cuccia, a oltre dieci dall’uscita di scena del delfino Vincenzo Maranghi. Molti fuochi si sono ormai spenti attorno a Piazzetta Cuccia: il duello fra Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli per raccogliere “l’eredità Cuccia”. Un tempo ricca e potente: Telecom, Rcs, Generali. Oggi è già per gran parte smembrata e caratterizzata dagli espliciti disimpegni di Mediobanca.

I piani strategici ripetutamente annunciati dai top manager – Renato Pagliaro e Alberto Nagel – puntano da tempo sull’advisory di alta fascia (decentrato verso la City di Londra) e verso il consolidamento di un polo variegato di servizi finanziari per famiglie e imprese. Già l’avventura di Italease – bruscamente interrotta dopo una quotazione curata proprio da Piazzetta Cuccia – aveva indicato un interesse potenziale di Mediobanca per il sistema bancario tradizionale, orientato a servire una clientela alta ma “di territorio”. Esperia (joint con Mediolanum) e CheBanca! – con diverse traiettorie – hanno testato il gruppo sul terreno del private banking e del retail banking innovativo. Ora la svolta delle 89 filiali Barclays, per di più acquisite “a parametro zero”. Chi si stupirebbe, a questo punto, di vedere Mediobanca non solo come advisor ma anche come compratrice?

Non affatto passata inosservata la svolta di Veneto Banca: propiziata dal neo-vicepresidente Cristina Rossello, legale più che vicina a Piazzetta Cuccia (di cui è stata segretaria del patto di sindacato). La Popolare di Montebelluna deve ricapitalizzarsi per un miliardo a brevissimo e l’operazione cambierà l’assetto proprietario. La presenza territoriale e la clientela servita (sia imprese che privati) resta di estremo interesse. Ma non è che una delle suggestioni del nuovo risiko, ancora tutto da disegnare.