«L’incancrenirsi della crisi greca interromperebbe le condizioni favorevoli di cui sta beneficiando l’economia italiana per la riduzione del cambio dell’euro, il quantitative easing e l’abbassamento del prezzo del petrolio». Lo afferma Leonardo Becchetti, professore di Economia Politica all’Università Tor Vergata di Roma, secondo cui «a ciò si aggiungerebbe un secondo effetto negativo, in quanto non sarebbero restituiti i prestiti fatti dall’Italia alla Grecia pari a 40 miliardi di euro, che equivalgono al 2% di rapporto debito/Pil in più». La crisi greca ieri è stata tra i temi dell’Eurogruppo, anche perché il governo di Atene ha presentato un pacchetto in cinque punti che prevede tra l’altro un programma-ponte fino ad agosto.



La Germania mantiene la linea dura sul debito greco. Come valuta questa posizione?

Quelle cui stiamo assistendo sono schermaglie molto dure per cercare di ottenere il massimo beneficio possibile nella trattativa, ma né al creditore né al debitore conviene che questa fallisca. Per la Grecia i rischi di un default e di un’uscita dall’euro sarebbero elevatissimi. È vero che potrebbe svalutare il cambio, ma avrebbe un’inflazione altissima e una grave difficoltà ad accedere nuovamente a flussi di credito.



La Germania non avrebbe nulla da perderci da una nuova crisi greca?

Anche per i Paesi dell’area euro, Germania inclusa, i costi di una crisi greca sarebbero molto elevati. Ciò non soltanto per la mancata restituzione dei prestiti, in quanto il 70% del debito greco è in mano a istituzioni, ma anche per la percezione da parte del mercato del fatto che la possibilità che un Paese esca dall’euro non è qualcosa di impossibile.

Con quali effetti?

Ciò aumenterebbe la percezione di rischiosità anche di altri Paesi nell’area euro. Nessuno ha interesse a fare saltare il tavolo, ma a tutti conviene raggiungere un equilibrio che sia il più vicino possibile alle proprie richieste. Proprio qui sta il gioco di mostrarsi i più duri possibile a parole, per aumentare il proprio potere contrattuale.



E per l’Italia quali sarebbero le conseguenze?

L’Italia per fortuna sembra godere del basso cambio dell’euro, del Quantitative easing e della riduzione del prezzo del petrolio. Se non ci fosse stata la crisi greca, per noi si sarebbe aperta una situazione molto favorevole in termini di rischio percepito dai mercati e di riduzione del costo del debito. Alle ultime aste l’Italia è riuscita a finanziare un tasso d’interesse dell’1,6%, che è veramente basso.

Che cosa accadrà ora?

Il rischio è che con una crisi greca che si incancrenisce potrebbe ridursi questo favore accordato dai mercati al finanziamento del nostro debito pubblico grazie al Quantitative easing. Parte dei guadagni generati potrebbero quindi perdersi. Ciò si aggiungerebbe alla non restituzione della quota di prestiti fatti dall’Italia alla Grecia pari a 40 miliardi di euro, che equivalgono al 2% di rapporto debito/Pil.

 

Che cosa succederebbe se la Grecia decidesse di non pagare?

Il rischio sarebbe il fallimento dello Stato ellenico. Atene ha già ristrutturato per due volte il proprio debito, questa sarebbe la terza. Il punto è che se vogliamo rendere sostenibile l’attuale livello di debito, la Grecia dovrebbe pagare un tasso d’interesse non superiore all’1%. Con un rapporto debito/Pil del 175%, un surplus dell’1% e una deflazione dell’1%, la Grecia non può pagare un tasso d’interesse troppo elevato. È questa la strada da seguire, e non invece un taglio del debito.

 

Nel momento in cui è in corso la crisi ucraina, l’Ue può permettersi di aprire un secondo fronte in Grecia?

Certamente no. Bisogna evitare che il fronte occidentale si indebolisca, ed è interessante vedere come gli Stati Uniti siano scesi in campo spingendo l’Europa a trovare un accordo. Washington ha tutto l’interesse a evitare che la Grecia si allontani dall’Europa, uno scenario peraltro piuttosto fantascientifico. In questo momento Mosca non è in grado di fornire aiuti ad Atene, perché si trova in una situazione economica molto difficile, con un’inflazione molto forte e una svalutazione del rublo.

 

Quindi le uscite di Tsipras sulla Russia sono solo provocazioni?

Il punto è che promettendo aiuti alla Grecia, la Russia si caricherebbe di un impegno oneroso in un momento difficile. Il giusto equilibrio in questa trattativa va trovato venendo incontro alla Grecia. Parte dell’aggravio di debito che stanno vivendo i Paesi del Sud dell’Eurozona dipende anche dal fatto che la Bce non è riuscita a garantirci uno scenario di moderata inflazione che avrebbe reso più basso l’onere del debito stesso. La Bce ha la responsabilità di una parte del debito, e quindi deve ridurre le sue pretese come creditore.

 

(Pietro Vernizzi)

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