Oggi 16 febbraio verrà parafato (il termine del lessico diplomatico per dire siglato) un nuovo accordo tra la Repubblica ellenica da una parte e i partner dell’eurozona, la Commissione europea, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dall’altra. L’Ocse è, per così dire, un nuovo arrivato; su richiesta in gran misura della delegazione greca, in ragione della sensibilità mostrata dall’organizzazione parigina con sede a Ch?teau de la Muette per i temi sociali, la distribuzione del reddito e lo sviluppo sostenibile. Non ci sarà la Banca centrale europea non perché Alexis Tsipras abbia Mario Draghi in antipatia (in seguito alla decisione di non accettare titoli del Governo greco a garanzia di prestiti alle banche elleniche), ma perché è un bene per tutti che la Bce mantenga una veste puramente tecnica e in tale ambito possa, se del caso, concedere aiuti al di fuori di un accordo eminentemente politico.
L’intesa è Tak blizko!, Tak blizko! Bliko (ossia a portata di mano, dice un economista russo mio amico non coinvolto nella trattativa, ma come molti economisti russi ben informato poiché costretto ad “arrotondare”, facendo altre cose, il suo modesto stipendio universitario). Quali sarebbero i termini? Il punto principale sarebbe una dilazione della scadenza per il pagamento di una tranche del debito ora dovuta il 28 febbraio. Il dilazionamento potrebbe essere di sei mesi; la Grecia può sopravvivere in autonomia sino a fine maggio, se non è costretta a far fronte alla scadenza. Una dilazione di sei mesi consentirebbe di preparare un piano di riassetto strutturale con la collaborazione dell’Ocse e forse anche quella della Commissione europea e del Fmi, istituzioni gradite invece ai suoi creditori. Tuttavia, Tsipras potrebbe dire al proprio elettorato che la troika non è più l’interlocutore-vessatore in quanto la Bce esce e l’Ocse entra. Non si parlerebbe di ulteriori riduzione dei tassi d’interesse principalmente perché già adesso i termini sono così generosi che il servizio del debito della Grecia (pari al 170% del Pil) è appena il 2,6% del Pil rispetto al 5% del Portogallo (il cui debito è il 132% del Pil), al 4,7% dell’Italia (132% del Pil), al 3,3% della Spagna (95%).
Secondo il centro di ricerche Bruegel (abbastanza coinvolto nella trattativa), se il programma preparato con il supporto Ocse (e verosimilmente di Commissione Ue e Fmi) porta a ulteriori dilazioni, i risparmi di spesa pubblica potrebbero arrivare al 15-17% del Pil ed essere disponibili per nuovi investimenti (da selezionare con cura). È probabile che a questo punto l’intesa non vada oltre in attesa del programma di riassetto strutturale.
Andare più a fondo rischierebbe di fare saltare il tavolo in una fase in cui nessuno vuole farlo. Non tanto perché dal 2008 il Pil nominale greco ha subito una contrazione del 22%, i salari reali un taglio di pari portata (ma del 40% per la fascia di età tra i 18 e i 24 anni), il valore delle abitazioni (la prima destinazione del risparmio delle famiglie anche nella Repubblica ellenica) una riduzione del 40%. E neanche perché si temano i riflessi dell’uscita della Grecia dalla moneta unica sull’intera eurozona. Ma a causa della situazione nel Mediterraneo e dell’avamposto in Cirenaica posto dall’autoproclamato Califfato islamico. Oggi tutti vogliono pace e stabilità sul fronte greco: la situazione è drammaticamente cambiata nel giro di una settimana.
Sono state scartate le proposte di prestiti i cui interessi siano collegati all’andamento del Pil reale oppure di prestiti senza scadenza ma tali di assicurare una “rendita” ai creditori (in gran parte Stati e organizzazioni internazionali). In effetti, il pittoresco Varoufakis ha mostrato di avere poca fantasia ripescando idee e strumenti della Russia zarista (per finanziare la transiberiana) e dell’Italia mussoliniana (per la “Guerra d’Abissinia” che ci avrebbe fatto diventare un Impero).
Tuttavia, proprio Ocse e Fmi hanno suggerito che se il programma di riassetto strutturale è di qualità (e non si basa su grandi incrementi del gettito da imputarsi a una maggiore e migliore lotta all’evasione e alla corruzione), per la Grecia si potrebbe riprendere una proposta del Rapporto Craxi del 1990 all’Assemblea Generale Onu per i paesi più indebitati: rimettere, in fasi, parte del debito greco man mano che le riforme strutturali hanno effetto e aumenta la produttività complessiva del Paese.
Occorre dire che Tsipras contava molto sull’apporto e appoggio di Renzi poiché sia Portogallo che Spagna sono guidati da Presidenti del Consiglio di centrodestra. Non solo, ma il leader italiano aveva ostentato amicizia e comunanza d’intenti con forti abbracci durante la visita fatta dal greco a Roma. Tuttavia, Renzi è stato molto preso dal fronte interno, e la manifestata intenzione di andare avanti senza il contributo dell’opposizione nella riforma della Costituzione e della legge elettorale gli ha fatto perdere quel po’ di autorevolezza che aveva conquistato nell’eurozona.
A tendere la mano a Tsipras (e a rammentare come per vent’anni i negoziati per i Paesi poveri più indebitati sono stati guidati dal Rapporto Craxi) sono stati, oltre all’Ocse e al Fmi, i tedeschi. Pare che a Palazzo Chigi, alla Farnesina e a via Venti Settembre nessuno se ne ricordasse. La prossima volta Tsipras saprà chi abbracciare.