«L’Italia deve limitarsi a garantire la sicurezza dei pozzi di petrolio dell’Eni e a bloccare il flusso degli immigrati. Intromettersi nello scontro in atto tra le fazioni libiche sarebbe un grave errore». Lo afferma il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, nel momento in cui si ritorna a parlare di un intervento della Comunità internazionale in Libia. Una nota del presidente francese, Francois Hollande, sostiene che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbe riunirsi con urgenza per discutere della situazione libica. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un’intervista aveva dichiarato che si sta creando “una situazione che minaccia l’Italia”, aggiungendo quindi che se la mediazione dell’Onu in corso dovesse fallire, siamo “pronti a combattere, in un quadro di legalità internazionale”.



Professore, quale linea dovrebbe seguire il governo italiano per quanto riguarda la Libia?

Per l’Italia sarebbe un errore partecipare a operazioni militari velleitarie in Nord Africa. La Libia è divisa in fazioni, le quali in caso di una guerra occidentale si unirebbero contro di noi. Per ora dobbiamo quindi lasciare che le varie fazioni si combattano tra di loro. Per queste ultime il petrolio è una fonte di finanziamento, e quindi il conflitto all’interno della Libia nasce anche da queste motivazioni.



Che cosa può fare il nostro Paese?

Certamente se ci mettiamo a fare la guerra alla Libia creiamo un pretesto perché l’Islam reagisca. Una guerra sarebbe giocata infatti interamente su elementi simbolici e da questo punto di vista il ministro Gentiloni ha commesso un errore. Le popolazioni arabe hanno ancora dei sentimenti di odio verso i paesi che le hanno colonizzate.

Ma lei non ha la sensazione che ormai la guerra ce l’abbiamo a casa nostra?

Proprio per questo va diffuso un messaggio molto chiaro agli stessi italiani: gli arabi, soprattutto se musulmani, non vanno trattati a partire da un pregiudizio razzista, perché in questo modo ci creiamo i nostri stessi nemici. Guai a immaginare una guerra all’Islam o agli Stati arabi, perché questo nuovo conflitto diventerebbe il simbolo del neocolonialismo. Non è un caso che la proposta del ministro Gentiloni di un intervento in Libia sia stata subito bollata come una “crociata”.



L’Italia dovrebbe rinunciare a difendere i pozzi dell’Eni in Libia?

L’interesse dell’Italia deve essere quello di tutelare questa proprietà strategica. Il messaggio da dare non è che il nostro Paese entra in guerra con l’Islam, né tantomeno con la Libia, bensì che si spende per la tutela di interessi nazionali in quella zona. I pozzi dell’Eni vanno presidiati con vari sistemi, ma non per questo l’Italia deve entrare nei conflitti tra libici, fermo restando che abbattere Gheddafi fu un errore tragico. Non dimentichiamo che nel 1990 il Colonnello libico si astenne per consentire agli occidentali di fare la Guerra del Golfo.

 

Ora però non c’è più un leader capace di unire la Libia…

Appunto, adesso cerchiamo di non commettere altri errori di questo tipo, tuteliamo ciò che ci interessa, prendiamo atto del fatto che le popolazioni musulmane continuano a uccidersi tra di loro e non commettiamo l’errore di incominciare una guerra santa o una crociata neo-coloniale. Tutto ciò che dovrebbe fare l’Italia è tutelare i pozzi dell’Eni, qualsiasi altra iniziativa è fuori luogo.

 

Che cosa ne pensa della questione relativa agli immigrati?

La Marina Militare italiana deve realizzare una barriera, arrivando fino quasi alle coste libiche per bloccare queste azioni che costituiscono una sorta di nuova pirateria. Dobbiamo impedire che gli immigrati salgano sui gommoni o indurli a retrocedere sulle coste libiche. Gli immigrati non provengono dalla Libia, bensì da altri Paesi dell’Africa Centrale. Occorre fare in modo che questo flusso si fermi proprio là dove ha avuto inizio.

 

Questo flusso sembra ingrandirsi ogni giorno che passa…

Non dobbiamo farci prendere dal panico di fronte a notizie come quella secondo cui arriveranno 200mila persone. Sperare che se ne occupi l’Europa mi sembra tra l’altro molto strano. L’Italia deve prendersi la responsabilità di intraprendere un’azione di salvataggio il più possibile vicino alle coste libiche, cercando di arrestare i responsabili di questa tratta degli esseri umani.

 

La situazione nel Nord Africa può avere anche conseguenze per il nostro turismo?

Le conseguenze riguardano soprattutto il turismo nel Medio Oriente, da questo punto di vista non mi aspetto nessun peggioramento per la nostra economia.

 

(Pietro Vernizzi)