Dunque, che c’entra il business, o il mercato, con l’offerta di Mediaset per comprare Raiway e che c’entra invece la politica? Domandona, perché le due cose – ovviamente – vanno insieme. Ma mentre, comprensibilmente, la maggior parte degli operatori economici si sono sbizzarriti in interpretazione tecnico-industriali più o meno solide, è di una chiarezza solare che la “mossa” di Mediaset si sostanzia in una specie di duello alla pistola, di “ok-Corrall” tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.



Perché? Semplice! Perché Berlusconi sta dicendo a Renzi che gli serve una cosa che dipende da Renzi dargli oppure no. Tutto qui. Il resto – se si possa o non si possa dargliela, a che condizioni, che ne dice l’Antitrust, che ne dice l’Europa, che ne dice Roberto Fico – è tutta f-u-f-f-a. In questo momento – ahinoi – il potere politico reale di Renzi è tale che se volesse potrebbe quasi decretare la vendita del Colosseo a Berlusconi, figuriamoci di qualche migliaia di tralicci. Se volesse. Se non vuole, nisba. E allora perché Berlusconi si riduce a chiedere col cappello in mano a Renzi una cosa che non è sicuro di ottenere?



Nessuna spiegazione logica si può dare senza tener conto dei fattori illogici che inquinano da sempre il giudizio di Berlusconi su Renzi, e che gli si stanno ritorcendo contro uno per uno. Renzi è stato il primo leader di sinistra (sinistra per modo di dire) ad avere sfidato il tabù di andare ad Arcore, da sindaco di Firenze, senza turarsi il naso e anzi per negoziare qualcosa a beneficio della sua città. Berlusconi è talmente convinto che i comunisti mangiano i bambini che non s’è ancora ripreso dallo stupore riconoscente per quella visita inattesa.

Poi: a Berlusconi Renzi sta simpatico. Perché è piacionescamente arrogante, proprio come lui. E riesce a essere così senza nemmeno avere sotto i piedi il piedistallo di miliardi di euro che innalza un bel po’ la statura dell’impresario di Arcore. A Berlusconi Renzi piace perché ha quel “quid” che manca ad Alfano, manca a Fitto, manca a Scajola, manca a Letta, manca – non ne parliamo nemmeno – a Toti, a Casini, a La Russa, a Meloni, e insomma manca a tutti quelli che hanno accettato di sedere alla Corte di Arcore: se avessero avuto il quid, non avrebbero mai potuto rimanervi più di cinque minuti, proprio come quelli che oggi siedono nella più spartana corte della Leopolda. Chi si spella le mani plaudendo a un lìder maximo, non sarà mai lider maximo. Quindi a Berlusconi Renzi piace sul serio, è il figlio che avrebbe voluto avere.



Solo che adesso Berlusconi, pur obnubilato da una percezione del sé ormai stralunata e da decenni di stolida adulazione attorno al suo trono, comincia ad avvertire tanti e tali bruciori di pelle per i manrovesci subiti da Renzi – dallo schiaffone di Mattarella in poi – da dover cominciare a chiedersi se per caso tutto questo gradimento verso Pittibimbo non sia stato mal riposto.

Cosa gliene sta derivando, infatti? La riabilitazione in cui sperava, quell’abolizione del reato fiscale sotto il 3% di fatturato in cui sperava, e che Renzi gli ha fatto sperare, salvo revocare la norma al primo, ovvio, maldipancia dei suoi? No, pregiudicato è e pregiudicato resterà. Gliene deriva, forse, un sistema elettorale che gli permetterà di competere ancora per la leadership nazionale? Macché, restando pregiudicato per altri quattro anni non ha diritto elettorale passivo, quindi potrà candidarsi di nuovo a 83 anni, ma come delegato dei ricoverati di Villa Arzilla. La pace giudiziaria sugli altri fronti aperti per lui? Non si direbbe proprio, se rispondono al vero le voci secondo cui l’assoluzione al processo Ruby 1 verrà cassata dall’appello tornando in primo grado per una nuova messe di intercettazioni replicata in pubblico e di squallidi dettagli spiattellati ai quattro venti, tanto per ricordare al popolo italiano quanto possa essere un vecchio maniaco sessuale, come il professor Rath dell’Angelo Azzurro; il processo Ruby 3, quello sulla presunta corruzione dei testimoni, procede implacabile con apparentemente ricca messe di prove… Insomma, il Berlusca imputato è negli straguai. E dunque?

Dunque niente. L’idea di comprare Raiway, da parte di Ei Towers è bella e impossibile, come se Marchionne trovasse i soldi per comprare la Volkswagen, la Bmw, la Mercedes, la Peugeot, la General Motors, la Ford, la Toyota e tutte le altre insieme, e si meravigliasse poi se l’Antitrust non glielo facesse fare… Ammesso e non concesso che il governo fosse disposto a cambiare la norma di legge che prescrive l’obbligo per lo Stato, attraverso la Rai, di rimanere al 51% del capitale Raiway, sarebbe appunto l’Antitrust a bloccare l’operazione, che coagulerebbe nelle mani di un solo padrone tutte le antenne che in Italia rilanciano lungo la penisola i segnali radio delle televisioni.

Probabilità di successo realistiche dell’operazione: zero. Senso politico dell’operazione: rilevante. Di fronte a un ennesimo no conclamato del governo, Berlusconi avrà un argomento in più per rompere con Renzi qualsiasi accordo, a meno che alla fine non prevalga in lui ancora una volta questa inopinata e malriposta simpatia. Gli sta chiedendo, disperato come una fidanzata che abbia percepito il disinteresse dell’amato bene, un’estrema, improbabile, prova d’amore: ora o mai più, se mi vuoi bene vendimi Raiway… Sarà deluso.

Poi, nella Città del Sole della famiglia Berlusconi, l’operazione avrebbe senso industriale, eccome, e avrebbe anche senso finanziario: diventando il controllore unico di tutti i ripetitori televisivi d’Italia, Ei Tower + Raiway sarebbero la società immobiliare (già: perché con le torri si guadagna dandole in affitto, come i box auto) monopolista di un settore contingentato (praticamente in Italia per ragioni ecologiche di ripetitori non se ne possono fare più) capace di assicurare una rendita tranquilla e a lunghissimo termine.

Bello, vero? Un po’ come trovare il petrolio ad Arcore. Altro che star lì a brigare per capire quale altra baggianata piacerà l’anno prossimo al popolo bue, se l’Isola dei famosi o la Penisola dei fessi, se Masterchef andrà girato in bianco e nero o La prova del cuoco in technicolor. Si affitta il mattone, si intasca la grana. Per un’azienda come Mediaset che guadagna assai meno di un tempo, che credeva di essere forte e imbattibile e si scopre incalzata dai concorrenti, che sta accorgendosi quanto poco difenda la barriera linguistica, avere i ricavi garantiti a fine mese sotto forma di un colossale “pigione” di casa, è un sogno tutto rosa. Ma sarà seguito da un brusco risveglio.